Cosa sono le PM 10 e le PM 2,5 | di Antonella Marsilia

Le polveri sottili aerodisperse rappresentano la frazione corpuscolata dell’aria inspirata. Tecnicamente si distinguono tre principali gruppi di polveri, in virtù del loro diametro che varia da 10 ad 1 micron, vale a dire mille volte più piccolo di un millimetro. Le particelle di diametro inferiore a 10 micron sono classificate come PM 10. Per le loro caratteristiche aerodinamiche sono dette respirabili in quanto possono superare le barriere meccaniche di filtro delle prime vie aeree, penetrandovi fino a raggiungere laringe e trachea. 
Le PM 2,5 rappresentano la quota inalabile, in grado cioè di arrivare al polmone profondo. In ultimo, il particolato ultrafine (<1 micron) può superare l’epitelio dell’alveolo e passare nel torrente ematico e, da qui, raggiungere tutti i tessuti dell’organismo umano. Per esposizione acuta e cronica a concentrazioni oltre soglia di questi composti si registrano sintomi cardiorespiratori, con peggioramento di asma, bronchiti, cardiopatie. Anziani e bambini sono le vittime più sensibili a questa particolare fonte di inquinamento. 
L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha accertato che le polveri sottili possono avviare una trasformazione neoplastica nelle cellule umane. Poiché questo effetto è dipendente da dose, tempo di esposizione e vulnerabilità dell’organismo esposto, è impossibile definire dei valori soglia di sicurezza che abbiano una valenza universale. I limiti di legge, quindi, sono periodicamente aggiustati al ribasso dagli organismi competenti nella logica del principio di precauzione. Va anche detto che la pericolosità delle polveri sottili è da ascrivere, oltre alla natura chimica dei materiali da cui derivano, alla capacità che hanno di veicolare passivamente sostanze tossiche e mutagene, adese alla loro superficie. È molto frequente infatti che le PM generate da emissioni antropiche (scarichi di autovetture, centrali elettriche, sistemi di riscaldamento domestico, industrie) si accompagnino in atmosfera a sostanze volatili e solubili come gli Idrocarburi Policiclici Aromatici, per i quali lo stesso IARC ha stabilito un profilo di tossicità molto preoccupante. A questa classe di composti appartengono molecole cancerogene e teratogene, cioè capaci di dare malformazioni fetali. È noto da tempo, infatti, che il potere mutageno di una sostanza chimica, oltre a coinvolgere le cellule somatiche del nostro corpo, può trasformare anche la linea germinale, vale a dire gli ovociti e gli spermatozoi da cui origina l’embrione. All’inquinamento, quindi, si riconoscono gravi implicazioni nella drastica riduzione del tasso di fertilità maschile e femminile in tutti i paesi fortemente industrializzati, con un aumento ben documentato di aborti precoci. 
Tutto questo discorso, fin qui già poco incoraggiante, va inserito nell’ottica più ampia dei molteplici fattori di rischio ambientale a cui siamo quotidianamente esposti, con la consapevolezza che gli esiti della loro interazione non seguono le comuni regole algebriche. In medicina, purtroppo, abbiamo imparato da tempo che due più due dà sempre un risultato maggiore di quattro.

Antonella Marsilia, ISDE Medici per l’Ambiente Campania

18 gennaio 2019 – © Riproduzione riservata

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