George Sand e Jane Elgee, due femministe ante litteram

In età vittoriana (1837-1901), nel Regno Unito come nella vecchia Europa, quello della donna era un ruolo subalterno, confinato tra le mura domestiche. Lo stereotipo della perfetta moglie, angelo della casa e educatrice della prole era infatti universalmente accettato. Chi derogava da questo modello era destinata all’emarginazione sociale. Ma lo stato d’animo delle donne sottomesse sarebbe mutato di lì a poco.
Destabilizzazione iniziata da due femministe ante litteram, che non esitarono ad affrontare difficili battaglie per ridare dignità alle donne. George Sand, scrittrice e drammaturga francese e compagna di Chopin, sfidò i paradigmi della società parigina della sua epoca. Anticlericale e socialista, nel 1863 le sue opere furono messe all’indice. Riuscì comunque a divenire la prima autrice professionista della letteratura francese.
Per giungervi aveva superato un matrimonio infelice, affrontando lo scandalo che ne seguì. Indossò i pantaloni, fumò e frequentò luoghi maschili dove una del suo sesso mai si sarebbe avventurata. La sua opera trasgredì ai canoni che la società maschilista si attendeva da un’autrice. Ella denunciò la discriminazione delle donne e si batté per l’avvento di una società egualitaria.
Sulla falsariga di Sand, che precorreva i tempi e apriva alle lotte femministe del secolo XX, in Irlanda, Francis Jane Elgee, moglie del celebre chirurgo oftalmico Sir William Wilde e madre di Oscar Wilde, si batteva per la stessa causa. Personalità poliedrica, parlava dieci lingue, e nelle dispute culturali teneva testa a qualsiasi uomo.
Letterata e poetessa insigne, lottò per l’emancipazione delle donne delle classi più povere. Si batté perché le madri di famiglia e le nubili che migravano nelle Americhe avessero un mestiere che gli garantisse un degno futuro oltreoceano. Lady Hope fu lo psedudonimo adottato aderendo al Movimento Nazionalista Irlandese.
La psicologia di queste pioniere della libertà è un chiaro messaggio a non temere, in nessuna circostanza, di essere noi stesse, di affermare la nostra femminilità fino in fondo. Perché una donna che si adatta a una società che la sminuisce, è unasalmada seppellire per evitare i miasmi della decomposizione culturale e civile di un essere umano.
Colei che disdegna sé stessa, in contesti che vorrebbero appiattirla, limitarla o renderla del tutto assente nell’esprimere il suo pensiero, è un’entità invisibile. Se mai ci venisse impedito di esistere l’umanità perirebbe. Le donne non sono solo portatrici di vita, ma l’essenza della creatività. Indira Gandhi diceva: “Gli uomini ignoreranno sempre la loro natura finché non lasceranno le donne libere di esprimere la loro personalità”. Questo significa esistere, farsi presenti, essere pienamente sé, al di là dei condizionamenti, oltre i limiti che alle volte ci autoimponiamo. Questo vuol dire avere fiducia nella collettività, essere vive!

Nella foto: Francis Jane Elgee

Loredana Otranto
psicologa, psicoterapeuta

7 marzo 2020 – © Riproduzione riservata

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