Innamorarsi, perché?

[di Anna Cappuccio, psicologo clinico, psicoterapeuta]

È molto diffusa nell’immaginario collettivo l’idea che l’innamoramento sia determinato dal destino che, senza darcene conoscenza, tesse per noi le trame della nostra vita e dei nostri incontri. È una convinzione affascinante che nel tempo si è contrapposta alle teorie, sviluppatesi nell’ambito della biologia, che invece vedevano l’innamoramento come una conseguenza di reazioni chimiche che si innestano grazie ai feromoni.
In realtà l’attrazione non è dovuta alla casualità o a un inspiegabile gioco del destino bensì alle esperienze vissute nei primi anni di vita. Queste, infatti, lasciano una traccia nel nostro mondo interiore inconscio, spingendoci verso una persona piuttosto che un’altra. Sono soprattutto le relazioni primarie, cioè il rapporto con i nostri genitori a influenzare profondamente le scelte amorose. In effetti, nell’infanzia si strutturano degli stili di attaccamento, delle particolari modalità di entrare in relazione con l’altro che tenderanno a riproporsi nelle relazioni adulte. Questo accade perché le dinamiche relazionali del passato modellano dentro di noi quello che sarà il nostro modo di vedere il mondo, le modalità con cui percepiremo gli altri, in special modo gli altri per noi significativi e soprattutto quella che sarà l’immagine di noi a livello personale, sociale e relazionale. Queste percezioni inevitabilmente si inseriscono, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto, negli incontri della nostra vita attuale, risvegliando punti di forza, ma anche paure non affrontate o bisogni non risolti.
Tendiamo ad innamorarci, quindi, di persone che possano confermare lo stile relazionale a noi conosciuto e tendiamo a scegliere partner che rafforzino l’idea che abbiamo costruito di noi stessi. Per questo, quando ci sentiamo attratti da una persona abbiamo l’impressione di essere vicini a qualcosa di familiare e conosciuto, qualcosa che il nostro cuore stava aspettando da sempre. 
Così accade che, se abbiamo un’immagine di noi sicura, tenderemo ad innamorarci di persone con cui sarà possibile instaurare una relazione stabile, duratura e di condivisione. Se, al contrario, non ci sentiamo degni di amore saremo attratti da persone fredde e svalutanti. Se abbiamo sviluppato un’immagine di noi insicura e non all’altezza della situazione cercheremo partner che possano rassicurarci e ci diano conferme del nostro valore, innescando un rapporto di dipendenza.
Questa visione dell’innamoramento così poco poetica, in realtà, ci permette di venire fuori dal vortice di deleghe attraverso cui demandiamo la nostra felicità ad un’altra persona fortemente idealizzata, e per questo mai vista per quello che è realmente, e di liberarci da situazioni relazionali che, nel tempo, si rivelano vere e proprie prigioni dolorose e distruttive.
Liberarci dell’immagine suadente, ma disfunzionale del principe azzurro o della fata turchina ci dà, così, la possibilità di vivere l’innamoramento come una incredibile opportunità di trasformazione e di felicità, opportunità che solo noi possiamo offrire a noi stessi.

Nella foto: Gustav Klimt, Il bacio

13 giugno 2020 – © Riproduzione riservata

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