Il burro di Karité

[di Simona Otranto, erborista]

Karité è il nome comune di una pianta, Butyrrospermum parkii (sinonimo Vitellaria paradoxa), appartenente alla famiglia delle Sapotaceae. Simile alle nostrane querce, si trova allo stato naturale in molte zone dell’Africa tropicale e può raggiungere anche i trenta metri d’altezza e i tre metri di diametro. I frutti sono delle drupe dal colore verdastro-nero della grandezza di una noce. La polpa, commestibile, ha un sapore asprigno paragonabile a quello di una prugna. All’interno il seme, bianco, sodo, leggermente ceroso occupa la maggior parte del frutto. Proprio da questo che si ricava il famoso burro dai molteplici usi e dalle notevolissime proprietà nutritive ed eudermiche. Della pianta però non si butta niente! Per le popolazioni indigene è infatti la prima fonte di sostentamento: la buccia e il frutto sono utilizzati a scopo alimentare, così come anche lo stesso burro mescolato a formaggio e burro di zebù. I residui della lavorazione fanno da mangime per il bestiame mentre il grasso viene trasformato in candele e detergenti. Il lattice, presente nel picciolo delle foglie, nella scorza e nel midollo del tronco serve da colla e da sostanza resinosa per il chewing-gum. Il legno come materiale da costruzione e per la realizzazione di oggetti. Il burro, estratto dai semi, è utilizzato in ambito cosmetico per la pelle e per i capelli nonché per frizioni contro i dolori reumatici.
La composizione è estremamente variabile: dipende dalle condizioni ambientali, dal metodo di lavorazione, dal periodo di raccolta etc… Prevalentemente è composto da una ricca miscela di acidi grassi: acido oleico (39-68%), acido stearico (22-50%), acido linoleico (4-8%), acido palmitico (3-12%), acido arachidico (0-3,5%), acido alfa-linolenico (0-1,6%), acido laurico (0-1,5%).  Fra gli altri componenti una parte importante è costituita dalla frazione insaponificabile: di estrema complessità comprende tocoferoli, steroidi, fitosteroli. Anche la presenza di vitamine liposolubili, A, E e D è importante.
Soffermandoci sull’utilizzo cosmetico, la ricca composizione conferisce al burro di Karité diverse proprietà:proprietà filtrante dai raggi U.V., proprietà idratanti, proprietà lenitive, proprietà emollienti, proprietà antiossidanti. Costituisce la principale base dei cosmetici naturali, quali creme, maschere, balsami per capelli, rossetti, stick labbra. Per le numerose sostanze contenute si può considerare un vero amico della pelle da utilizzare anche puro per piccoli problemi come arrossamenti da pannolino, screpolature, scottature solari. Utile per lenire le irritazioni da rasatura e depilazione ma anche per nutrire e proteggere la pelle soggetta a dermatosi,dermatite e psoriasi. Può egregiamente sostituire le paste a base di ossido di zinco utilizzate per la cura dei neonati. Unici due difetti: la consistenza e l’odore. Il burro di Karité si presenta solido a temperatura ambiente quindi puro si stende con difficoltà. Inconveniente che può essere superato mescolandolo con un olio di Jojoba o di mandorle o di germe di grano, o semplicemente riscaldandolo. Anche l’odore poco gradevole può essere corretto con l’aggiunta di poche gocce di olio essenziale, quello di rosa ad esempio.

Ricetta crema idratante
– 35 g di burro di Karité, 
– 15g di glicerina vegetale o miele di acacia, 
– 5 gocce di olio essenziale di limone. 
Sciogliere il burro a bagnomaria, aggiungere la glicerina o il miele ed infine l’olio essenziale. Conservare in un vasetto di vetro e consumare entro 30 giorni.

13 febbraio 2021 – © Riproduzione riservata

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