La Pasqua di Vittorio

[di Romano Carabotta]

È il 20 febbraio quando Vittorio La Bruna viene ricoverato presso l’ospedale di Scafati per infezione da Covid-19. È il periodo in cui gli ospedali sono al collasso e, difatti, prima di essere sistemato in un letto, trascorre un intero giorno in ambulanza e uno in Pronto soccorso. Da subito i medici manifestano poche speranze rispetto ad una sua guarigione: Vittorio, infatti, ha già subìto un intervento al cuore, ha avuto un’ischemia, oltre ad essere diabetico e soffrire di cuore, patologie che certamente rendono all’organismo ancor più difficile combattere contro una polmonite acuta. Durante il ricovero, poi, viene colpito da una tempesta citochinica ai polmoni, a cui i medici rispondono somministrandogli il “farmaco Ascierto”, il Tocilizumab, prodotto per curare l’artrite reumatoide ma apparso efficace per fermare l’infezione. Nel frattempo è costantemente assistito da una ventilazione meccanica, il che vuol dire essere costretto ad indossare costantemente una maschera simile a quelle da sub, schiacciata al volto giorno e notte. 

Vittorio, tuttavia, presto inizia a star meglio, tanto che la ventilazione viene alternata con i cosiddetti alti flussi, una forma di ossigenoterapia certamente meno invasiva. Proprio quando il peggio, ormai, sembrava essere alle spalle, però, contrae un batterio ospedaliero, chiamato Klebsiella pneumoniae, che colpisce l’unica sezione del polmone destro rimasta funzionante: gli viene nuovamente applicata la ventilazione meccanica e solo con l’aiuto di pesanti antibiotici riprende l’impervio cammino verso la guarigione. 

È il 20 aprile quando Vittorio viene finalmente dimesso, non senza conseguenze: attualmente si muove su una sedia a rotelle, essendo ancora indebolito dalla battaglia estenuante contro il virus. Gli stessi medici che lo hanno curato egregiamente considerano Vittorio un esempio di forza, tanto che, il giorno della dimissione lo hanno salutato, schierati nella corsia d’ospedale, con un lungo applauso.

Oggi racconta che lo ha salvato la sua famiglia, in particolare suo nipote Daniele che spesso, anche di notte, rimaneva per ore nel parcheggio dell’ospedale, presso la finestra della stanza dove era suo nonno, perché sapesse che fuori lo stavano aspettando tutti. 

E poi, voleva tornare con tutto se stesso a passeggiare in piazza san Francesco con gli amici di sempre, i quali, anche loro, non hanno fatto mai mancare la loro presenza, accompagnandolo nei 60 giorni probabilmente più difficili della sua vita, con telefonate e messaggi di vicinanza.

Vittorio, nel giorno di Pasqua, ha compiuto 80 anni, e il suo regalo più bello è stato certamente potere, anche lui, tornare a vivere. Una storia di speranza, di amore e di coraggio che valeva la pena raccontare: che Vittorio possa essere segno tangibile della rinascita che tutti, oggi più che mai, auspichiamo.

Nella foto: Vittorio La Bruna col nipote Daniele

30 aprile 2021 – © riproduzione riservata

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