Un giorno fra i vaccini
[di Mario Bove]
Gli occhiali si annebbiano ancora sopra la mascherina, nonostante la indossiamo da più di un anno. A volte bisogna toglierli, per pulirli, o aguzzare la vista nel leggere i nomi dei convocati dai registri che spesso vengono anche spaginati dal vento, quasi per dispetto. Un piccolo aiuto ce lo dà il sole che inizia a splendere più luminoso e caldo in questi giorni. Non è solo una considerazione fatta osservando il cielo in questo scorcio finale di primavera. È una sensazione che si fa strada fra volti delle persone. Il sistema di vaccinazione sta gradualmente dando i risultati positivi in termini di minori ricoveri mentre l’organizzazione della campagna inizia ad essere rodata e mostra sempre meno incertezze.
Anche la nostra città si sta impegnando senza sosta per reagire contro il morbo che ha rivoluzionato le abitudini di ognuno di noi, fino a rendere preoccupante anche lo stesso respiro. Insieme all’ospedale cittadino, teatro più consueto per le attività sanitarie, il Palazzetto del rione Schiavo nel quartiere Taverna ha aperto una soglia attraverso cui compiere il primo passo verso il ritorno alla “normale” quotidianità.
Come in tutta Italia, i comitati di Croce Rossa sono presenti con i loro volontari per sostenere il lavoro che tanti medici, infermieri e militari stanno svolgendo. Tutti abbiamo un carico di emozioni accumulate durante la pandemia attraverso sguardi, angosce e dubbi incontrati nei pazienti soccorsi nei mesi passati. La nostra routine si svolge solida da settimane: organizzazione dei turni, arrivo prima delle 9 con la divisa appena indossata, il saluto a medici e infermieri prima che scompaiano dietro i paraventi. Poi si comincia con il controllo della temperatura all’ingresso, la verifica di nominativo e orario di convocazione, le indicazioni sul percorso a serpentina da seguire all’interno del palazzetto, la raccomandazione di preparare la tessera sanitaria e mantenere le distanze mentre si è in fila prima di arrivare all’accettazione, l’assistenza durante il quarto d’ora dopo la somministrazione. Tutto decine e decine di volte.
Approfittando di un momento in cui non c’è nessuno in attesa all’ingresso, ci si apparta come per un qualche affare losco a prendere una boccata d’aria senza filtri, evitando di incrociare altre persone. Poi, di nuovo in “immersione”. Non dobbiamo solo agevolare attesa e ingresso di chi è nervosamente in fila. Abbiamo imparato a sorridere con gli occhi e a rassicurare sui numerosi interrogativi riguardanti gli effetti collaterali, l’efficacia del medicinale o le procedure di prenotazione, dubbi nati da informazioni che debordano disordinate dai media fino ai cugini tuttologi del dirimpettaio.
L’ultimo scaglione delle 19 segna la fase finale della giornata, si contano le dosi già preparate e il numero di persone ai cancelli. Molti aspettano che tutti i convocati siano passati per provare a vaccinarsi fuori appuntamento. Questa voglia di farlo il prima possibile rinforza anche la nostra speranza che presto, con determinazione e collaborazione, potremo uscire dall’emergenza e voltare finalmente pagina.
Mario Bove, volontario di Croce Rossa Italiana, gruppo di Battipaglia
29 maggio 2021 – © riproduzione riservata