Algachiara

[di Ernesto Giacomino]

Com’è e come non è, fatto sta che almeno quest’anno, grazie alle prossime elezioni, la questione della balneabilità del mare battipagliese s’è spostata dalla solita diatriba su sversi e contaminazioni a discussioni ben più colorite e creative, che spaziano dal diritto della navigazione alla biologia marina, passando per acquacoltura, piscicoltura e ricamo punto croce.

S’è cominciato in tempi non sospetti, ai primi caldi, quando dal nulla sbucavano foto di quest’acqua cristallina che manco quella distillata delle batterie, e tutto un tam-tam sui social a far vedere ai miscredenti che in unico colpo, con la sola forza del pensiero, s’erano riavviati i depuratori, puliti i fondali, dragato le mine e rimosso ogni detrito sommerso, dal naufragio più recente a quello d’un veliero saraceno affondato nel 1135. 

Purtuttavia ci s’era dimenticati, in ciò, d’essere in piena campagna elettorale: tempi, cioè, in cui a ogni azione corrisponde sempre una controazione di forza uguale e contraria. Per cui: se di qua sguinzagliamo fotografi a scovare neonati paradisi terrestri tra l’idrovora e la foce del Tusciano, è ovvio che poi di là ci si ritrovi con almeno altri due o tre candidati ansiosi di dimostrare l’opposto. E vai col book da Pulitzer, allora: tempo un paio di giorni, ed eccoti i social sommersi d’immagini perfettamente contrastanti, in cui quel mare limpido lo si vede di botto trasformato in distese d’acqua bruna e melmosa.

Per questo fatto che la verità sta nel mezzo, chiaramente, nessuno s’arrischia a smentire completamente nessuno, e se da un lato c’è chi riconosce che in certi tratti di litoranea la balneabilità è davvero eccellente, dall’altro s’è disposti ad ammettere che in talune zone, a livello di pulizia, qualcosa sta andando effettivamente storto.

E fu sera e fu mattina, allora. E di colpo, sui giornali, sbuca il colpevole: l’alga posidonia. Cioè, non proprio lei: quelle parti tranciate e sbuffate a riva dai pescatori a strascico. Per un po’ allora si tira un sospiro di sollievo: ah, ok, allora depurazione e sversi non c’entrano niente, magari davvero per quest’anno ce la siamo sfangata, basterà qualche straordinario della Capitaneria. Macché: manco il tempo di voltare pagine, e arriva la smentita d’un luminare del campo (giacché è risaputo che qualunque scienziato di fama internazionale non vede l’ora d’interessarsi ai fatti di Battipaglia): no, dice, l’alga posidonia là da voi non c’è, rassegnatevi che questa è opera d’altri microrganismi

Punto e accapo, allora. Ma non troppo. S’arriva qui, a questi ultimi giorni. A un gestore d’un lido nostrano, pulendo la spiaggia, capita d’imbattersi contemporaneamente in una barca di pescatori a strascico in fuga e a una distesa immensa, ai suoi piedi, di alghe mozzate. Lui filma tutto, rende pubblico; il caso finisce nuovamente sui giornali. L’alga che non c’era, adesso c’è: come mai? Non s’era detto che qua non ci bazzica? S’aspetta la replica del luminare, allora. Di certo vede e rilancia. Oppure fa passo?

Tanto per il battipagliese non cambia niente: lui comunque s’organizza, si prepara e parte per il mare. E il tirare a indovinare, ogni giorno, in che condizioni lo troverà, è ormai il suo gioco dell’estate. O meglio: di tutte le estati, da trent’anni in qua.

31 luglio 2021 – © riproduzione riservata

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