Il mondo nello smartphone
[di Anna Cappuccio, psicologo]
Se il telefono ha profondamente cambiato la dimensione della comunicazione, legando in modo diretto e immediato la presenza dell’altro alla voce, il cellulare ha modificato le modalità relazionali della vita sociale e lavorativa. Infatti con il cellulare e la possibilità di conoscere gli accessi o visualizzare i messaggi, la persona è diventata sempre immediatamente rintracciabile, raggiungibile ovunque si trovi. Questo rende la presenza dell’altro continua e costante, senza limiti temporali o vincoli fisici e spaziali. Persino la non risposta mantiene una presenza ideale dell’altro, attraverso le giustificazioni cercate per spiegare la risposta mancata o la non visualizzazione dei messaggi. Tuttavia, se da un lato, La perenne reperibilità ha permesso di instaurare con estrema facilità una comunicazione in qualsiasi momento della giornata, dall’altro ha abituato a considerare le persone sempre disponibili, “a portata di mano” determinando una minore tolleranza rispetto all’attesa, all’incertezza e un’attenzione progressivamente più superficiale rispetto ai bisogni e all’autonomia dell’altro. Inoltre la continua relazionalità e il non sentirsi mai soli, ma sempre in contatto con qualcuno, ha alimentato la convinzione di essere parte di un immenso gruppo sociale sempre connesso e in relazione, un gruppo però che a differenza di quelli reali, appare evanescente e dai confini poco definiti e proprio per questo facilmente idealizzabile. Questo essere sempre connessi e parte di un gruppo che ci accompagna durante la giornata, elimina ogni sensazione di mancanza e ci fa sentire all’interno di un abbraccio amorevole e accogliente, creando un’apparente sensazione di sicurezza e di appartenenza. La solitudine, lo stare da soli diventa una condizione fastidiosa sentita come un abbandono, e fa sentire disorientati, spogli e a volte anche orfani di un’autoimmagine costruita quasi esclusivamente attraverso il confronto con il gruppo. Inoltre, la sensazione di poter arrivare ovunque si voglia con il cellulare crea una illusoria convinzione di controllo che fa sì che le paure e l’ansia non vengano più affrontate, ma semplicemente ignorate ed eluse. Il cellulare quindi appare come un potente rifugio delle nostre paure e, come un affascinante ansiolitico regolatore dell’ansia, tanto da sperimentare una vera e propria sensazione di angoscia di fronte all’impossibilità di usarlo perché rotto o senza credito.
In effetti il telefonino è diventato indispensabile nella vita e nel lavoro, ma il modo in cui lo usiamo dipende dal rapporto che abbiamo con noi stessi e con gli altri. Momenti di vulnerabilità che, inevitabilmente, la vita ci propone o sentimenti di inadeguatezza che non riusciamo ad affrontare possono favorire un uso spasmodico del cellulare fino a diventarne dipendenti.
Certamente la soluzione non è eliminare il telefonino ma riuscire ad utilizzarlo nella consapevolezza di poter esistere anche senza connessione e che la vita reale può essere più gratificante di una vita solo immaginata.
Anna Cappuccio, pisicologo clinico, psicoterapeuta
14 ottobre 2021 – © riproduzione riservata