La sindrome da smarrimento

[di Anna Capuccio – psicologa*]

Un malessere diffuso e generalizzato in questi ultimi mesi sta interessando un numero sempre maggiore di persone. Viene identificato come sindrome da smarrimento e indica la sensazione di difficoltà determinata dalla rottura della bolla di protezione che ognuno aveva costruito intorno a sé nel periodo più critico della pandemia e dalla necessità di riprendere la vita lavorativa e le relazioni sociali. La si può considerare come una reazione alla situazione di stress psico emozionale indotto dai profondi cambiamenti degli ultimi due anni.
I sintomi più comuni sono rappresentati da irritabilità, tristezza e frustrazione.
L’irritabilità si esprime con un senso di intolleranza rispetto a situazioni spiacevoli che si possono incontrare nella giornata, come una fila all’ufficio postale o un ingorgo in autostrada, con un aumento dell’irascibilità nei rapporti sociali e un’accentuazione dell’aggressività espressa sia verbalmente che attraverso l’azione.
Il senso di tristezza e frustrazione si esprime in vissuti d’ansia e sensazioni di angoscia, che esprimono la paura costante anche se per lo più inconsapevole, di un pericolo imminente e sempre in agguato, o in un abbassamento del tono dell’umore che si concretizza in una stanchezza perenne, in una difficoltà ad alzarsi e dal desiderio di riposare e dormire frequentemente durante la giornata. Spesso si avverte una stanchezza mentale che può rendere difficile le semplici azioni quotidiane, come guidare la macchina o fare la spesa. Si riscontra anche una difficoltà a concentrarsi, a mettere a fuoco e a memorizzare, e questo rende pesante il portare a termine le consuete mansioni lavorative o la gestione dello studio scolastico nei bambini e nei ragazzi.
Al di là della sintomatologia che può assumere i toni della rabbia o dell’abbattimento, la sindrome da smarrimento appare come un vero e proprio stato di letargia con una forte demotivazione a vivere la quotidianità e le abituali relazioni sociali. Non va considerato come un disturbo mentale, ma piuttosto come uno stato d’animo particolare che alimenta un senso di vuoto interiore. Tale sensazione di vuoto sembra risucchiare dentro di sé qualsiasi altra emozione e alimenta una sensazione di perdita degli abituali elementi di riferimento nell’autoimmagine personale e sociale. Capita, così, che ci si senta smarriti ed estranei a se stessi e alla propria vita. Questa situazione, purtroppo, coinvolge soprattutto i ragazzi che stanno sperimentando una fatica psicologica e una difficoltà a confrontarsi con la vita in modo adeguato. Tuttavia, è possibile andare oltre questa sensazione di smarrimento.
In primo luogo è necessario accogliere queste emozioni, anche se dolorose, senza colpevolizzarsi per le difficoltà che si stanno provando e senza vergognarsi se si sente la necessità di chiedere aiuto. È importante riaprire canali di dialogo e confronto con i ragazzi e ritrovare con i figli un tempo di relazione che i ritmi frenetici avevano fatto smarrire. Soprattutto è importante che, come comunità sociale, non ci si limiti solo a percorsi di cura, comunque importanti e necessari, ma si coltivino anche reti di prevenzione del disagio e azioni che possano promuovere, in particolare nei più giovani, il benessere e le risorse psicologiche.

*psicologo clinico, psicoterapeuta

12 marzo 2022 – © riproduzione riservata

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