Impariamo a gestire la rabbia

[di Daniela Landi – psicologa]

A tutti capita di arrabbiarsi, di sentirsi pervasi da una carica aggressiva che travalica il nostro controllo e ci stimola verso un’azione con cui scaricarla. Perché e da dove nasce la rabbia?

La rabbia è un’emozione definita primaria, appartiene a tutti gli individui indipendentemente dal luogo e dalla cultura di provenienza, in quanto, nell’evoluzione dell’uomo, ha svolto una funzione necessaria per la conservazione della specie. L’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente circostante, reagendo alle minacce e ai pericoli, era un modo di affrontare la vita. Con l’evoluzione dell’uomo e del pensiero, anche con gli insegnamenti degli antichi filosofi come Socrate e Aristotele, viene data progressivamente importanza alle virtù della conoscenza di sé e della mediazione tra gli impulsi, riconoscendo come un valore quello che oggi definiremmo self-control.

Mentre una rabbia controllata e consapevole ci permette di affermarci e di far valere i nostri diritti, quando non viene gestita in maniera adeguata, assume un ruolo disadattivo, viene considerata una condizione negativa. In preda alla rabbia perdiamo la capacità di ragionare con prudenza e buon senso, perciò temiamo questa emozione che può indurre reazioni violente e distruttive. 

La rabbia può scaturire dalla frustrazione, dalla sensazione di percepire come ingiusto il mancato soddisfacimento di un bisogno, dal doversi confrontare con impedimenti, fastidi e ritardi rispetto alle proprie aspettative. Il mancato appagamento di quella necessità, percepita come importante, ci induce a confrontarci con la nostra vulnerabilità, con le nostre paure e insicurezze. Con la reazione aggressiva nascondiamo il dolore di sentirci deboli ed esposti. La sensazione di impotenza che ne consegue può attivare, come forse accadeva ai nostri antenati primitivi, l’istinto di sopravvivenza, innescando pensieri e azioni concitati, esagerati per il contesto, drammatici, ma che, da un punto di vista psicologico, possono rivelare una profonda sofferenza interiore. 

Coloro che hanno un vissuto di esperienze di abbandono, di emarginazione e rifiuto possono essere particolarmente esposti a queste reazioni; è su questi aspetti che potrebbe essere utile lavorare con la psicoterapia per gestire la reazione aggressiva in modo funzionale.

In che modo? Nella psicoterapia si può indagare su quelle situazioni di perdita che possono aver provocato quel senso di fragilità che stimola ad attaccare per difendersi. Nel confronto terapeutico si può acquisire la capacità di mettere una pausa riflessiva all’impulso di reagire, attivando un cambiamento positivo attraverso una presa di contatto con i segnali del corpo e con la consapevolezza delle emozioni. Migliorando la nostra intelligenza emotiva, possiamo divenire più flessibili, rivedere le aspettative e considerare le alternative che possono esserci; esaminare la situazione da una visuale più ampia che includa le esigenze e le prospettive delle altre persone coinvolte, può renderci più pacati e integrati nelle nostre relazioni interpersonali.

22 aprile 2023 – © riproduzione riservata

Facebooktwittermail