L’importanza del gruppo
[di Anna Lambiase – psicologa*]
L’adolescenza rappresenta uno dei momenti maggiormente delicati di un gruppo familiare. Genitori confusi e smarriti, sembrano perdere il loro potere educativo e centripeto nella vita dei figli che iniziano a delineare confini nella relazione, sia fisici (come chiudere la porta della propria stanza), corporei (evitano un abbraccio o una carezza) che emotivi (“sono cose mie!”). Iniziano interrogativi e dubbi, preoccupazioni e perplessità ma anche momenti di frustrazione da ambo le parti che scaturiscono in episodi di rabbia e malcontento.
Il corpo dell’adolescente, da che veniva accudito e accolto dal genitore, ora diviene un corpo adulto, così come la mente inizia a generalizzare e astrarre concetti. Le emozioni sono amplificate e il suo riconoscimento non sempre è così chiaro. L’adolescente quando risponde: “Non lo so” alla domanda frequente: “Cosa hai?”, dice semplicemente la verità: non lo sa. Perché la decodifica del suo sentire interno è complessa e mutevole. Questo può spaventare, al punto di isolarsi dal mondo esterno, percepito come una minaccia, e quindi ridurre le relazioni sociali e amicali fondamentali per lo sviluppo dell’autonomia e la crescita dell’adolescente. Infatti, gli adolescenti tendono a formare il gruppo o la famosa “comitiva” come un sostituto del nucleo familiare. Inizia lo sperimentarsi in un gruppo altro, con dinamiche diverse e a conoscere e riconoscere se stessi attraverso gli altri. Gli amici divengono terapeuti in quanto vengono condivisi sentimenti, emozioni, giochi e vicissitudini, si costruiscono alleanze e si rinforza la propria immagine perché attraverso l’Altro mi riconosco, rivedo la mia insicurezza e non entro in una dinamica auto colpevolizzante: “Sono l’unico ad essere cosi”.
Ma come agire nel momento in cui un adolescente non riesce a costruire amicizie attorno a sé? Il mondo dei social network provoca una forte dissociazione tra i gli adolescenti, in quanto, credono di entrare in relazione con il mondo esterno attraverso il cellulare, quando, in realtà, si è soli nella propria camera. Le conseguenze sono importanti, come una percezione falsata del proprio mondo e la mancanza di motivazione ad uscire dal guscio costruito, in quanto protettivo, ma assolutamente dannoso per una sana crescita psichica di un ragazzo che necessita del confronto, di sviluppare abilità sociali e di costruire la sua autostima mediante esperienze concrete.
E così i genitori si trovano a dover rispondere ad un nuovo compito evolutivo. Durante l’infanzia, la relazione genitoriale è centrata sui bisogni primari del bambino e l’accudimento, mentre in adolescenza, bisogna sostenere il figlio ad aprirsi e a relazionarsi con il mondo esterno. Per questo lo sport, le attività teatrali, le uscite con altre famiglie, i progetti scolastici e i gruppi terapeutici possono essere di grande aiuto e supporto; perché prima le amicizie erano alla portata di tutti, a partire dal proprio quartiere, mentre oggi bisogna costruire con impegno una rete sociale.
*psicologa, psicoterapeuta familiare
3 giugno 2023 – © riproduzione riservata