Un giro di maggio | di Lucio Spampinato

Quell’anno smettemmo di andare a scuola quasi in concomitanza con il passaggio del Giro d’Italia. Uscirono tutte le bici dai garage e dai sottotetti e i pomeriggi li passavamo a pulire telai e a gonfiare camere d’aria. Alternavamo queste attività con le gare dei tappi spinti con un dito sui cordoli dei marciapiedi che ci lordavano i ginocchi fino all’osso e, con l’aria più fresca del tardo pomeriggio, cominciavano i mini tornei di calcio.

Era il 1979 e da poco le strade alle spalle di via Olevano, che si intersecavano e convergevano nello slargo di piazza Di Vittorio, erano state asfaltate eliminando con gli sterrati dei cantieri quell’atmosfera polverosa da vecchio West; era giusto un anno che a casa avevamo un televisore a colori e guardare la corsa delle biciclette passare attraverso paesaggi primaverili multicolori e così diversi da Nord a Sud era come viaggiare.

Il 21 maggio, strappammo ai genitori la promessa di poter mangiare verso le 11,45 in modo da poter prendere posizione sulle balle di fieno che, per quanto scomode, davano la possibilità di guardare i solitari in fuga, la volata o i gregari trafelati da un punto di vista sopraelevato e proprio per questo di predominio sul resto della folla assiepata. Passava la tappa Caserta-Potenza!

Ricordo che a quel tempo ero appassionato del Belgio e dei Paesi Bassi, del mondo gotico e dei quadri del Quattrocento fiammingo, e poiché l’anno precedente aveva vinto il belga Johan De Muynck, avevo mitizzato il personaggio e sperato di vederlo seppure in volata per le strade cittadine.

Poi, ad un tratto, un silenzio innaturale anticipò un vociare che si faceva sempre più forte e si intravidero da lontano e in prospettiva alcune sagome ondeggianti che, nella rifrazione dell’asfalto piuttosto caldo, sembravano uscire da un pantano: si avvicinavano!

Fu un attimo: vidi sfrecciare una macchia rosa seguita a brevissima distanza da tre distinte chiazze tricolori. Qualcuno giurava di aver riconosciuto Saronni, qualcun altro Francesco Moser. Poi fu il silenzio e solo dopo otto minuti arrivò il gruppo più numeroso che sembrava passeggiare, senza troppa fretta. Potenza era ancora lontana!

Chiesi ad un amico: “Ma per caso hai visto De Muynck?”.

Mi arrivò uno schiaffetto bonario dietro la testa dal padre di Michele che sorridente mi diceva: “Ué fesso! Ma non lo sai che De Muynck nun corre?”

E questo fu il passaggio del Giro! 

Un po’ come la vita, come la giovinezza: neanche il tempo di cominciare a capire come funziona ed è già passata!

Un poco delusi, ce ne tornammo al nostro quartiere per organizzare il pomeriggio.

Pensavo! 

Intanto, nei libri abbandonati sugli scaffali, i legionari organizzavano bivacchi in attesa di guadare il Trasimeno e prendere alle spalle Annibale; il triangolo di Tartaglia veniva sviluppato in nuove e più astruse varianti; la moglie di Pirandello rinsaviva. Mi allontanai verso il fiume. Nella sera che scendeva, fra le querce, ricordai che un giorno mi ero spinto fino al greto, sicuro di raggiungere come corriere dello zar il traditore Ogarev per impedirgli di espugnare Irkutsk al comando dei suoi crudeli Tartari.

1 luglio 2023 – © riproduzione riservata

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