Zona industriale, quale destin… azione?

[di Carmine Landi]

“Misure di tutela”. Nell’ultimo verbale d’incontro (che risale a marzo del 2022, il che è tutto dire) tra i rappresentanti del Comune di Battipaglia e del Consorzio Asi, veniva definito così il pacchetto d’accorgimenti e precauzioni da adottare per impedire che la zona industriale cittadina, “fu” El Dorado del Meridione d’Italia, anziché cambiar pelle finisse per modificare drasticamente i propri connotati. “Si è condivisa l’opportunità – si legge nel documento – di contemplare all’interno delle norme di attuazione misure di tutela che evitino fenomeni speculativi con dismissione delle attività industriali in favore di destinazioni più appetibili, a discapito dei lavoratori e dei livelli occupazionali attuali”. 

Con un preciso riferimento geografico: lo scacchiere è “area posta ad ovest dell’asse ferroviario Battipaglia-Agropoli”, teatro d’un “mix di destinazioni d’uso dal commerciale, terziario, servizi, laboratori e studi professionali” previsto dal preliminare di Piano d’assetto delle aree e dei nuclei industriali dell’agglomerato produttivo. In altre – e più ricorrenti – parole del sermo cotidianus, un mix previsto dall’agognata “variante Asi”, ennesimo casus belli delle scorse settimane, quando lo “specchio-riflesso” tanto caro alla politica nostrana ha indotto la sindaca Cecilia Francese e il principale oppositore consiliare, il presidente del Consorzio Antonio Visconti, a confrontarsi animosamente (per usare un eufemismo) sul tema. Prima in aula e poi per mezzo di garbate note vocali su WhatsApp.

La fascia contesa è quella che lo splenico visitatore può ammirare alla propria sinistra percorrendo – zigzagando tra le voragini – il tratto di via Brodolini dimenticato dagli asfaltatori, poco più d’un chilometro di malandato bitume che congiunge la rotonda ai piedi di Autoshop all’eterno cantiere della provinciale 195. 

Le ceneri dell’Alcatel (“Il più rilevante fra i lotti dismessi”, scrivono i pianificatori nella relazione generale, in riferimento agli 86 mila metri quadri acquistati all’asta ad agosto del 2019 da un noto imprenditore battipagliese) e gli stabilimenti della Nexans, della Sivam et similia. La pianificazione è sospesa tra due codici: “D” E “D4”. Nel “tecnichese” degli urbanisti, il primo indica una destinazione squisitamente produttiva; il secondo è un melting-pot di possibili scenari – a discrezione dell’investitore – tra commerciale, direzionale, laboratori, servizi, palestre, uffici e affini. E quel “D4”, nelle delibere d’indirizzo approvate in Consiglio comunale, arrivava (dal centro) solo ai primissimi immobili a ridosso della rotatoria: in quel che s’è visto del preliminare, invece, ci si è spinti un po’ più in là.

Invocando un “Piu”, acronimo che i battipagliesi conoscono bene: sta per Progetto d’intervento unitario “per l’ambito produttivo ricompreso – testuale dalla relazione del preliminare, 98 pagine – tra via Brodolini e l’asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria, che si configura quale elemento d’integrazione e completamento dell’adiacente sistema urbano”. L’obiettivo dichiarato è “favorire processi di rigenerazione urbanistica ed edilizia e, contestualmente, consentire una progressiva integrazione con destinazioni produttive più diversificate, connesse al settore dei servizi alle imprese e ai cittadini, al commercio, alle attività direzionali, della ricerca e dell’innovazione”. Vocazioni “più consone ad una porzione di struttura insediativa strettamente connessa all’adiacente tessuto urbano”. E il tutto in nome delle “mutate esigenze derivanti dal quadro socio-economico di riferimento”. 

Recupero, trasformazione e riconversione del patrimonio edilizio esistente: parole chiave in un polmone produttivo ampiamente inutilizzato. Dai calcoli del gruppo di pianificazione guidato dall’architetto Giovanni Infante, quasi un terzo del fu “El Dorado” è in disuso (precisamente il 31,76%, di cui: aree libere 10,02%, assegnate e inedificate 12,34%, dismesse 9,40%). 

E allora – domanda l’uomo del marciapiede – vuoi vedere che lì ci fanno i centri commerciali? Le tavole del preliminare definiscono i terreni ex Alcatel, per esempio, come uno spazio dedicato alla “redazione di Piani urbanistici attuativi o di permessi di costruire convenzionati per il riuso qualitativo delle aree industriali dismesse ricadenti nell’ambito”, da destinare ad attività industriali, artigianali, terziarie o a incubatori per startup innovative. All’esito degli incontri fra le parti, invece, il Consiglio generale dell’Asi, un’estate fa, approvando quel Preliminare (e le stesse tavole di cui sopra), ha deliberato che “la proposta di Piano non consente e non consentirà, nella sua elaborazione definitiva, la modifica della preesistente destinazione industriale/logistica, soprattutto negli insediamenti di più rilevante dimensione”. Quelli per i quali, “ancorché dismessi, va prioritariamente preservato, tutelato e garantito il mantenimento della destinazione”, con l’intento “di assicurare il massimo beneficio al territorio in termini occupazionali e lo sviluppo dell’indotto logistico-manifatturiero-agroindustriale”. Un impegno, un nodo al fazzoletto.

Zona industriale, quale futuro? Lo scopriremo solo dalle fatidiche tavole definitive. Meglio ancora se a pace fatta. Magari de visu, anziché su WhatsApp.

Nella foto: l’area in zona Asi interessata dal progetto di riqualificazione

7 ottobre 2023 – © riproduzione riservata

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