Peppe Tattà, l’uomo in più

[di Andrea Laganà]

C’è un filo rosso che unisce più di trent’anni di storia della Battipagliese. Più che rosso, bianco. Più che un filo è meglio dire un capello bianco: quello di Giuseppe Cesaro, per tutti Peppe Tattà. Non è per niente semplice riuscire a “raccontare” una persona che umanamente è una spanna sopra gli altri, un uomo che mette il bene comune davanti a quello personale, che è amato da tutti, proprio tutti: presidenti, dirigenti, calciatori, e perfino dagli avversari. Peppe Tattà è al fianco della Battipagliese dalla stagione 1986-87, in quello spogliatoio, ogni allenamento, ogni partita con la stessa identica passione da 37 anni. Che si giochi alla Favorita di Palermo o al Comunale di Sala Consilina poco importa. Lui è lì, con la sua immane professionalità a curare ogni calciatore come un figlio, con la sua maniacale precisione, vivendo il gruppo dentro e fuori dallo spogliatoio senza fare differenza tra un giovane e un “anziano”. E non è un caso che, ieri come oggi, quando la palla entra in porta in molti corrono ad abbracciarlo: segnale evidente di un affetto che va oltre la semplice avventura sportiva. 

La storia narra che molti calciatori, prima di accettare di vestire la maglia della Battipagliese, non abbiano chiesto garanzie economiche, ma garanzie sul fatto che nello spogliatoio ci fosse lui. Quando gli chiedi di lui, della sua storia, lui nicchia, arrossisce, balbetta, nascondendo dietro i suoi enormi occhiali una timidezza fuori dal comune. «Lavoro dietro le quinte, non mi piace apparire. Faccio il mio lavoro e basta. Lascio il palcoscenico ad altri» è il mantra che ripete all’infinito. E di sicuro, quando leggerà questo pezzo, un pizzico di livore proverà verso l’attempato cronista, ma il tempo cancellerà le acredini. 

Il tempo non cancella i ricordi, però: «Arrivai dal Valdiano che militava in serie C e per me sedere sulla panchina della Battipagliese era come stare su quella della Nazionale. Un’emozione enorme». Santosuosso prima, Villa poi con alle spalle un grande presidente come Bruno Pastena a cui Peppe è legato da un affetto, ancora oggi, a tre anni dalla sua scomparsa, che va oltre l’aspetto puramente calcistico. Si va sull’umano, sul personale e quando il nome del Presidente (quello con la P maiuscola, che è e sarà sempre uno solo) esce dalla sua bocca è facile trovare nei suoi occhi anche un luccichio romantico. Ha pianto tanto per la maglia bianconera. Ha pianto di gioia (poche volte) e di delusione (tante, purtroppo) ma è rimasto sempre lì, accovacciato in fondo alla panchina, sotto la pioggia, sotto la grandine, immobile, ad aspettare un cenno dal direttore di gara per entrare in soccorso dei suoi calciatori, dei suoi figli. Massaggiatore ma anche padre, psicologo, confessore garbato e fidato. Peppe: la storia. 

Nelle foto: Giuseppe Cesaro durante una partita della Battipagliese (foto G. Di Franco)

7 ottobre 2023 – © riproduzione riservata

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