Poteva andare meglio

[di Francesco Bonito]

È sempre possibile fare meglio, a volte però è difficile. Soprattutto se gli obiettivi sono molto ambiziosi o i problemi da risolvere particolarmente complessi. In quel caso c’è poco da rammaricarsi: l’importante è dare il massimo, consapevoli che di meglio non si poteva fare. C’è da chiedersi se questa è la condizione nella quale si sono trovati gli amministratori della nostra città. Concentrandosi sugli ultimi sei mesi dell’anno, si può dire che i problemi da risolvere fossero complessi? Si può riconoscere che gli obiettivi fissati fossero particolarmente ambiziosi? Nel concreto: era un’impresa proibitiva usare meglio i soldi dei fondi Pics (disponibili da anni, non vinti al “gratta e vinci” il 31 ottobre 2023), programmando per tempo ed eseguendo a regola d’arte interventi di effettiva utilità per Battipaglia? Si poteva organizzare un programma di eventi natalizi degno della terza cittadina della provincia (Natale è sempre il 25 dicembre, non è una data sorteggiata ogni anno e comunicata dal Vaticano a inizio novembre) ed evitare di pubblicare il bando “natalizio” solo tre settimane prima dell’Immacolata? Era possibile stilare un piano viabilità che tenesse conto dell’esigenze dei commercianti? Era prevedibile che, riducendosi all’ultimo minuto, i soldi dei Pics sarebbero stati spesi male, con opere cancellate, incompiute o realizzate in modo raffazzonato? Erano valutazioni troppo difficili da fare? Le risposte non deve darle chi scrive, né chi legge, ma chi amministra la città.

Poteva andare meglio, ho scritto, e non: potevate fare meglio. Lo sottolineo perché sia chiaro che il punto non è trovare il responsabile su cui gettare la croce, ma avviare un confronto nel merito delle scelte che i nostri delegati (sono delegati ad amministrare la comunità, non autocrati: questo non va mai dimenticato) dovrebbero compiere nell’interesse della città. Ma il prerequisito per il confronto è la consapevolezza di dover dar conto ai cittadini, nonché la capacità di fare autocritica laddove emergano errori o carenze. Tutti sbagliamo, quotidianamente e in ogni contesto. Penso allo sport, per esempio: se le prestazioni sono insoddisfacenti si deve avere il coraggio di riconoscerlo. È il primo e decisivo passo per migliorarsi. Coach e squadra devono avere la consapevolezza che vittoria e sconfitta dipendono principalmente dal loro rendimento. Gli sportivi, quelli vincenti soprattutto, lo sanno bene: bisogna tenere lontana la cultura dell’alibi. Non ci sono arbitri, condizioni ambientali, compagni di squadra scarsi, allenatori incompetenti, o altri “nemici” a cui attribuire un insuccesso. Sul parquet come negli uffici comunali si vince e si perde tutti insieme, senza capri espiatori o alibi. E, soprattutto, si impara dai propri errori. Dopo averli ammessi.

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