Che fretta c’era

[di Ernesto Giacomino]

Tempo di polemiche eterne, signori. Le guerre, la politica, il calcio. L’immigrazione, il Ponte sullo stretto. E poi, ciliegina sulla torta, quella – recentissima – sui Comuni che hanno deliberato il limite dei trenta chilometri orari nelle zone urbane.

Che invece, a vedere la situazione battipagliese, ti monterebbe alle labbra una sola esclamazione: magari. Vorrebbe dire che in un quarto d’ora potresti farti ben sette chilometri e mezzo di strada, tipo tutta via Spineta e oltre. Contando dall’inizio di via Rosa Jemma, per capirci, nello stesso tempo si raggiungerebbe Cioffi; oppure, partendo dal cimitero, s’arriverebbe comodi al centro di Eboli.

La realtà è che a Battipaglia, in un quarto d’ora, di chilometri ne fai sì e no uno. Se ti va bene, eh: togliendo picchi di traffico tipo gli orari d’entrata e d’uscita dalle scuole o il religioso, mattutino accodamento ai mezzi della raccolta differenziata (nel senso, proprio, che è differente rispetto gli altri Comuni: loro la fanno all’alba, noi solo quando la città e bella sveglia e brulicante di gente).

E comunque. Leggenda narra di strade talmente trafficate, qua al centro, che nessuno ne ricorda più il colore dell’asfalto. Via Roma, ad esempio: già da giù, da prima del ponte per il rione Stella, da quando s’abbraccia tutto il flusso d’auto da via Belvedere. Spezzata da una caterva d’innesti a destra come a sinistra, e per entrambe le direzioni. Ridotta poi, nel tratto saliente in direzione sottopasso, a poco più d’un vicolo: a doppio senso di circolazione, per giunta. Naturalmente, con transito di pullman di linea. E con parcheggi su entrambi i lati.

Via del Centenario: altro must. La cosiddetta strada a “imbottigliamento progressivo” man mano che si punta verso nord: quasi inesistente all’altezza di piazza San Francesco, lievemente avvertito dopo il primo incrocio, in crescita feroce prima dell’intersezione di via Domodossola, infernale all’approssimarsi della rotonda di via Serroni.

Fuori concorso, ovviamente, via Mazzini. A meno di non voler davvero sparare sulla Croce Rossa, intendo. O meglio: là, strutturalmente, le potenzialità per un flusso veicolare snello e garbato ci sarebbero tutte, ma si sa che squadra perdente non si cambia. Per cui: la sosta costante in doppia fila aspettando la moglie che fa shopping (“nu mument’ brigadie’, me ne vado subito”), il rifiuto metodico di circolare per file parallele (“guarda che bello: se mi metto a centro strada riesco a guardare lo struscio su entrambi i marciapiedi”), l’attraversamento “a sentimento” di frotte di pedoni ignari dell’obbligatorietà di usare le strisce, i bus in manovra strombazzanti per le auto parcheggiate a pelo d’incrocio. I microcantieri, poi, pubblici e privati: sbucano dritti da sotto i tombini, da un istante all’altro, ieri era la fibra e oggi l’illuminazione, domani le caditoie o un trasloco al volo. Frenetici, indifferenti, mutevoli. Azzannatori di spazi e parcheggi a tempo non definibile e non contestabile.

Battipaglia, se sei costretto a prendere l’auto, è un sequestro di persona in calce e ossa, t’avvolge in spire su spire d’inadeguatezza e non-senso civico.

Per cui, su quella questione dei trenta chilometri all’ora, possiamo solo rispondere come Totò in Miseria e Nobiltà: “e chi li ha visti mai?…”. 

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