La triste parabola del sindaco cinico

[di Francesco Bonito]

Il sindaco che voleva entrare nella storia è finito nella cronaca giudiziaria. Compassione è il sentimento più generoso che si può riservare alla vicenda umana di Giovanni Santomauro, protagonista per un ventennio della vita amministrativa cittadina, sindaco dal 2009 e costretto a dimettersi in seguito all’arresto dello scorso 8 maggio. Trovo vigliacchi gli attacchi personali rivolti all’ex sindaco da quelli che abitualmente si prostravano ossequiosi al suo passaggio e che, poche ore dopo l’arresto, hanno alimentato un clima da piazzale Loreto. Per la stessa ragione non pubblichiamo le lettere sull’argomento pervenute in redazione: aspre, ingenerose nei confronti di un uomo che ha deluso molti battipagliesi ma che, fino a prova del contrario, ha ancora la possibilità di dimostrarsi estraneo ai gravi fatti che gli vengono contestati. Questo non significa che intendiamo censurare la notizia né che vogliamo sottrarci a una valutazione politica della vicenda che ha travolto la nostra comunità e sporcato l’immagine di Battipaglia. Per farlo abbiamo chiesto aiuto alle immagini che si prestano meglio delle parole a raccontare la storia del “sindaco civico”, come lo stesso Santomauro amava definirsi: così la nostra “copertina” presenta i fotogrammi dei momenti salienti della sua parabola, dalla promessa all’epilogo.

Eppure i segni di un percorso con più ombre che luci erano evidenti e più di una volta abbiamo invitato sindaco e maggioranza a correggere la rotta, a garantire maggiore trasparenza ai processi decisionali, ad avere più rispetto per il ruolo svolto dai partiti, dai consiglieri comunali e dagli assessori. Abbiamo stigmatizzato più volte l’utilitaristico do ut des codificato nella vergognosa “regola del 2×1”, cioè ad ogni due consiglieri tocca un assessore; censurato il turnover di una trentina di assessori; criticato l’azione tattica mirata solo a garantirsi i sedici voti di maggioranza e la mancata composizione di una squadra di governo stabile e qualificata. Così come è apparsa grottesca la scelta dell’ex sindaco di nominare uno staff di una ventina di “consulenti” che assomigliava molto a un comitato elettorale permanente. Queste e altre discutibili scelte hanno garantito a Santomauro la gestione del potere, ma hanno provocato un danno culturale oltre che politico e amministrativo che la città sconterà ancora per anni. Così come insopportabile è stato il disprezzo verso l’opinione pubblica e imbarazzante il trasformismo politico. Ma pochi si scandalizzavano, anzi quasi tutti osannavano questo Machiavelli di provincia che sapeva come “accontentare” i consiglieri comunali e che, in preda a un delirio megalomane, appena eletto spendeva decine di migliaia di euro per “rifarsi” la stanza del sindaco e, poco dopo, decideva di stanziare quasi 60mila euro (soldi dei cittadini!) per pubblicare un giornalino che propagandasse le proprie gesta. Quando invano da queste colonne ma anche da parte di qualche consigliere comunale si lanciava l’allarme, si chiedeva più trasparenza nell’azione amministrativa e rigore nella tenuta dei conti pubblici, l’unica risposta del sindaco e dei suoi pretoriani era l’insulto. Questo accadeva anche in consiglio comunale, dove più di una volta la risposta dei fedelissimi di Santomauro alle istanze di una consigliera (l’unica donna!) era la derisione, seguendo l’esempio del capo che la definiva abitualmente “dissociata”. Questo è stato il modus operandi degli ultimi quattro anni, questo lo stile del sindaco cinico. Un imbarbarimento e una degenerazione cialtrona del confronto politico, reso sterile grazie all’unico argomento ripetuto ossessivamente in consiglio comunale da alcuni consiglieri di maggioranza: “decidiamo noi perché abbiamo vinto le elezioni; chi vince comanda!”.

È andata proprio così: qualcuno ha vinto e ha comandato, ma ha fatto perdere la città.

23 maggio 2013 – © Riproduzione riservata

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