Hakuna matata

[di Cinzia Mauro – docente*]

Non sono mai riuscita a spiegarmi l’attrazione che provo da sempre verso quella parte del mondo chiamata Corno d’Africa. Un posto ben circoscritto sulla mappa e nella mia testa. Sorridendo dicevo: chissà… forse in una vita precedente ero lì, forse ho un legame ancestrale, un’intima connessione con quell’angolo preciso d’Africa, un’inspiegabile alchimia e curiosità che si perde nelle sinapsi del mio cervello. Poi, un giorno, ho avuto la possibilità di andarci e… proprio in Kenya! Un segno del destino! Un progetto pilota di mobilità transnazionale fra Europa e Africa “per condividere con i colleghi docenti africani buone pratiche di insegnamento e accrescerne competenze e conoscenze tramite il confronto con i colleghi europei”. Che progetto meraviglioso! 

Dopo profilassi e vaccinazioni di rito, arrivo a Nairobi all’alba del 20 gennaio 2024. Sono le 5.50. La “mia Africa”, quella con cui avevo da sempre connessioni emotive profonde, mi accoglie con un caldo abbraccio. Condivido 17 giorni con colleghi europei. Siamo cinque: tre italiani, una spagnola, una francese. Ci incontriamo tutti solo in hotel. Sono curiosa di conoscere, sperimentare, dare il mio apporto al progetto. Ma raccontare la mia permanenza è difficile; quasi impossibile tradurre il caleidoscopio di emozioni che mi sconvolge e mi affascina, mi stupisce e mi rapisce. Bellezza e orrore, yin e yang, l’armonia degli opposti… Armonia? Che armonia può esserci fra bimbi sporchi, riversi per terra, nel fango, fra cumuli di spazzatura, strade sterrate di polvere rossa, povertà, case di lamiere e fango e… una natura stupefacente, di sublime bellezza, dai colori inimmaginabili e straordinari, paesaggi mozzafiato, profumi inebrianti di mango e ananas, spiagge da sogno e sorrisi di persone amabili, accoglienti e canterine? “Hakuna matata” dicono qui, tutti. Uno motto, una formula semplice, due parole forse per giustificare, con rassegnazione, questa stridente armonia: “senza pensieri” vuol dire.

Il primo impatto mi travolge: il magnifico e l’orrifico. L’ingiustizia del mondo. Ma poi arrivo al college: gli studenti – fra 18 e 24 anni – annullano il vortice delle prime emozioni; ora solo loro mi riempiono la mente e il cuore. Dolcissimi e bellissimi, assetati d’Europa (il loro sogno), dal sorriso che ti si imprime dentro e non va più via; la loro curiosità e la voglia di stare con te, di sapere di te, dei coetanei europei, di comunicarti quanto sono felici che tu sia lì, si sentono dei privilegiati. Mi ascoltano con attenzione, seguono le lezioni con sorrisi contagiosi. Organizzo un meet fra i miei studenti italiani e i ragazzi del college: si scambiano domande, curiosità, fra risate, allegria e difficoltà di rete. Che bel momento! 

Sono felice di essere qui con loro. Facciamo tante attività oltre alle lezioni “tradizionali” (di tradizionale non c’è nulla). Ci esercitiamo a beadwork, i braccialetti di perline, per intenderci, tratto distintivo nella loro cultura; nel cooking (c’è anche l’indirizzo ristorazione) gustando i sapori locali; sperimentiamo il fusion food inventandoci ricette kenytalian; mi danno anche lezioni di Swahili. Io, in cambio, insegno loro qualche parola di Italiano. Ci divertiamo a trovare assonanze fra le due lingue.

Il 7 febbraio sono tornata in Italia. Da allora mi capita di ripercorrere con la mente la strada che attraversa l’incantevole Rift Valley; le spiagge paradisiache di Watamu e Malindi; i paesaggi sconfinati di struggente bellezza del Masai Mara National Park; i mercati affollati, allegri, colorati di frutta e verdure, con bimbi che gridando musungu (bianca) ti chiedono caramelle, cibo, scellini. L’Africa non la puoi immaginare. E nemmeno dimenticare. 

* docente di lingua inglese, IIS Besta-Gloriosi

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