Ogni scarrafone…

… è bello ’a casa soia. O no? Cioè: pare abbia detto, la sindaca, che l’invasione di topi e blatte in città sia colpa di quelli che non si puliscono i garage, attirando gli animali che si cibano prevalentemente dei “prodotti” di questa scarsa igiene. Ed è giusto. Io, ad esempio, so di gente che in garage teneva delle teste di cervo impagliate e ci ha trovato accasati dei leoni. Un altro che non spazzava le scorze di arachidi oggi deve dividere il posto auto con un elefante. Per non parlare del poveraccio che s’era scordato un cosciotto di maiale nel congelatore ed è stato divorato da un t-rex.

Che poi: nella società civile ognuno fa il suo, la responsabilità della collettività inizia dove finisce quella del singolo. E quindi non lo so, perché si sia rimasti agganciati a questa convinzione che lo Stato debba provvedere a ogni cosa, in quest’assidua – e datata – invocazione all’amministrazione assistenzialista che farebbe rivoltare Toqueville nella tomba.

Com’è, ma non s’era diventati pian piano tutti liberisti? Non s’era detto che evviva l’iniziativa privata sciolta e rampante e buhuuu a paletti e rigidità del carrozzone statale? Non s’era appena finito di santificare il modello dell’imprenditore self made man che a suon di assegni e bonifici mette pezze a ogni lacuna del servizio pubblico?

Per cui niente: arrangiamoci, è giusto così, chi è causa dei suoi mali pianga sé stesso. Ogni famiglia s’organizzi nel suo piccolo la sua microimpresa di disinfestazione, magari coinvolgendo pure i parenti meno stretti, i vicini, gli amici, in un moto d’aggregazione rionale ricalcante le vecchie tradizioni delle butteglie di pelati o del vino casareccio un po’ acquoso ma fatto con i piedi-piedi.

Le blatte, per dire, possono essere assegnate ai bambini: un mini-torneo da mattina a sera, chi ne cattura di più ha il diritto di saltare la scuola il giorno dopo. Oppure, per le pantegane, ci si organizza in battute di caccia in stile seconda puntata di Sandokan: le si colora a strisce nero-arancio e le si fa inseguire da sfilate di nobili e paggetti in costumi dell’epoca dell’Impero anglo-indiano, con qualche cartonato d’immagine di foresta sparpagliato per vicoli e frasche sui lampioni per travestirli da palme. Divertente, originale ed efficace, e magari si risparmierebbe pure sulla spesa comunale per gli eventi all’aperto. 

L’unico rischio, in realtà, è che potremmo metabolizzarcela proprio nei neuroni, questa storia del privato che ha l’onere di risoluzione dei problemi dell’intera comunità. Convincerci davvero che ogni anomalia o disservizio che incontriamo per strada sia colpa nostra. La nuova illuminazione pubblica, per dire: non funziona, funziona male, è carente? Eh beh, è perché arriva poca corrente, troppe lavatrici accese nei paraggi, lavate un po’ di più a mano. E giù così: se l’aria è irrespirabile è perché abbiamo mangiato pesante, se il traffico è senza controllo è perché non sappiamo far lievitare le macchine, se ci tolgono il verde è perché non compriamo i colori per rimettercelo. Un passettino dietro l’altro verso la completa immunità, fin quando l’unico processo contro un’amministrazione non potrà essere che alle intenzioni. Ma quelle, si sa, è una vita che sono perfette.

Facebooktwittermail