L’angelica
[di Simona Otranto – erborista]
Parlando di angelica è obbligatorio fare riferimento a due specie: Angelica arcangelica L. e Angelica silvestris L.. La prima è originaria dell’Europa settentrionale, coltivata per i suoi piccioli aromatici e le sue proprietà salutari, la seconda è la specie selvatica largamente diffusa in Italia, nei boschi freschi, nei luoghi ombrosi e umidi, lungo i corsi d’acqua.
Leggenda vuole che sia stato l’arcangelo Raffaele a farla conoscere agli uomini. Gli antichi le attribuivano proprietà quasi miracolose: si narra che debellasse la peste e neutralizzasse gli effetti dei veleni.
Entrambe le specie appartengono alla famiglia delle Apiacee, pertanto simili in tanti aspetti alle sorelle sedano, prezzemolo, finocchio. Ambedue hanno una radice robusta e carnosa che costituisce la droga, insieme ai frutti. La prima si raccoglie tra settembre e ottobre, al termine del primo anno di vegetazione, mentre i secondi tra agosto e settembre recidendo le ombrelle a mano a mano che raggiungono la maturazione. La specie selvatica è molto somigliante alla mitica e velenosissima cicuta: è bene, pertanto, prestare massima attenzione nella raccolta spontanea.
Tutte e due hanno proprietà aperitive, digestive, stimolanti, antispasmodiche, carminative, antisettiche. Tra i principi attivi sono presenti olio essenziale, resine, tannini, cumarine e furanocumarine.
La caratteristica principale è l’aroma che la rende una delle piante maggiormente utilizzate nella liquoristica tradizionale. L’angelica è un felice esempio di connubio tra le qualità aromatiche e digestive. Attenzione però, deve essere impiegata sempre a basse dosi: in piccole quantità agisce come stimolante, mentre a dosi elevate l’azione si inverte con un effetto fortemente depressivo.
L’angelica stimola l’appetito, facilita la digestione, calma il mal di stomaco, favorisce l’eliminazione dei gas addominali. La sua radice è un tonico e può essere utilizzata contro la stanchezza e l’astenia. Per la presenza di fito-estrogeni è altresì utile per favorire la comparsa del ciclo mestruale e durante la premenopausa. Alla specie selvatica si attribuisce anche un’attività espettorante. Gli steli della pianta sono ottimi canditi.
L’uso è sconsigliato in gravidanza e allattamento. La presenza di furanocumarine la rende fotosensibilizzante se utilizzata in modo eccessivo e improprio.
28 settembre 2024 – © riproduzione riservata