La morte di Yanez

[di Lucio Spampinato]

Yanez de Gomera, dunque, è morto! Luca e il suo amico Rodolfo si sentirono al telefono quella mattina, dopo aver appreso della morte dell’attore francese che impersonò in tv il fedele compagno di Sandokan, la tigre della Malesia. Ci avevano creduto da adolescenti e ci scherzavano ancora oggi, nell’età matura, che l’attore e il personaggio fossero un tutt’uno e che il primo fosse entrato sul proscenio della storia per dare corpo al carattere del secondo, perpetuando con la sua gentilezza, spavalderia, elevazione d’animo l’eterna lotta contro ogni ingiustizia e sopraffazione, in difesa dei più deboli. Atteggiandosi a studiosi di retorica, al liceo, avevano addirittura inventato una nuova figura di pensiero per indicare questa identificazione: la personificazione isomorfa che in seguito definirono polimorfa. Così, nelle finzioni di ragazzi, avevano immaginato l’arrivo di Yanez a soccorrerli nei momenti di crisi (per esempio, a toglierli dai guai quando ragazzacci litigiosi li perseguitavano per azzuffarsi) a bordo di un silenzioso sampan o di un caicco camuffato e armato, pronto a colpire. Al secondo liceo, si aggiunse alla galleria delle personificazioni del fidato portoghese di Mompracem il professore di chimica. Stesso sembiante, con favoriti anni ’70 a continuare le basette, stessa temeraria risolutezza, sia che costringesse la preside a riaprire l’aula di scienze, sia che prelevasse la classe per due ore, portandola a spasso per la collina ad individuare e fotografare fiordalisi, rosolacci e specie ignote ai più di orchidee nostrane. Un giorno, trovatosi per caso nella sala dei professori, sentendo i pettegolezzi di alcuni colleghi intenti a sparlare della prof di disegno, colpevole di essersi innamorata di un allievo e momentaneamente sospesa, declamò: “ognun corre a far legna all’arbore che ’l vento in terra getta”. Li passò in rassegna uno per uno, guardandoli con commiserazione; ma solo chi non lo conosceva bene avrebbe mancato di cogliere il grande affetto e l’umana comprensione che malgrado tutto provava per loro. 

Un giorno Rodolfo, mentre guardava salire la fumea azzurrina del suo Garibaldi, disse a Luca: «Andiamo a fare una visita al nostro Yanez!». Trovarono il vecchio professore seduto in giardino sotto un ampio gazebo con drappeggi verdi e con cento fogli sparsi qua e là, intento a studiare. Spiegò loro che stava preparando un esposto contro un progetto per un impianto per la produzione di energia alimentato a biomassa. Spiegò agli antichi allievi che, malgrado la combustione delle biomasse fosse neutra rispetto alla immissione di nuova anidride carbonica in atmosfera, poteva ingaggiare dinamiche di deforestazioni locali, anche abusive, finalizzate ad alimentare l’impianto. Infatti, l’imprenditore in questione era già un habitué di procedimenti penali riferiti a frodi fiscali e il suo business non si fondava unicamente sulla vendita dell’energia prodotta ma soprattutto sui finanziamenti comunitari previsti per questi impianti di energia da fonti rinnovabili. I due amici si guardarono sorridendo, il vecchio professore restava Yanez più che mai. Al bar, convennero che il mondo era ancora al sicuro e brindarono infine al loro eroe e alle sue vivificazioni. Viva Yanez, viva Philippe Leroy, viva il professore!

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