I lampioni di Battipaglia e l’inchiesta Alfieri

[di Carmine Landi]

“Merce di scambio”. Valeria Cam-panile, gip che ha firmato l’ordinanza valsa l’incarcerazione di Franco Alfieri, presidente della Provincia e sindaco di Capaccio Paestum, parla così di subappalto e subaffidamento d’una cospicua fetta dei controversi lavori di riqualificazione della pubblica illuminazione di Battipaglia. Opere per 231.000 e passa euro e fornitura e posa in opera di pali e led per poco meno di 996.000: è quanto demandato dalla Dervit di Roccadaspide, l’impresa che s’aggiudicò l’appalto da 2,5 milioni di euro (poi rimpolpato con altri 1,6 milioni figli della notoria rimodulazione dei fondi Pics inizialmente destinati all’ex scuola De Amicis) nella capofila della Piana, alla Alfieri Impianti srl, società legalmente rappresentata dalla sorella del politico ma amministrata di fatto, come ricostruito dal pubblico ministero Alessandro Di Vico, pure dal primo cittadino pestano. Almeno un sabato al mese il già sindaco d’Agropoli partecipava personalmente finanche alle riunioni operative dei vertici della società (una parte delle quote è di proprietà della figlia). 

Il prezzo della corruzione
Il coinvolgimento della ditta cilentana nelle opere battipagliesi, quindi, sarebbe il prezzo che Vittorio De Rosa, patron dell’impresa della Valle del Calore, avrebbe pagato al numero uno di Palazzo Sant’Agostino (ora sospeso dal prefetto) per accaparrarsi le contestate procedure negoziate nella città dei templi. Gli inquirenti hanno quantificato finanche “il prezzo della corruzione, quantomeno pattuito, e contrattualizzato, che la Dervit doveva corrispondere al sindaco di Capaccio e, per esso, alla Alfieri Impianti”. Così Battipaglia è finita nelle indagini delegate alle Fiamme gialle del Gruppo di Eboli e del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Salerno. Né amministratori né tecnici del Comune di Battipaglia risultano coinvolti nell’inchiesta. Il gip, ad ogni modo, ci tiene a precisare che la gara alle porte della Piana “non è stata analizzata sotto il profilo della legittimità dell’aggiudicazione dell’appalto alla Dervit, ma unicamente con riferimento ai rapporti tra tale società e l’Alfieri Impianti”. In città s’è discusso animatamente delle nuove luci: il contratto d’appalto stipulato a luglio dello scorso anno, l’aggiunta d’altri 1,6 milioni di euro per rischiarare parzialmente le strade provinciali che conducono al mare, la corsa contro il tempo per ultimare gli interventi entro la fine dell’anno e le critiche dei battipagliesi, insoddisfatti del grado di visibilità a cantiere chiuso. 

«Un’altra schifezza»
Dalle intercettazioni emerge che, almeno in parte, finanche De Rosa condivideva lo scetticismo dilagante all’ombra del Castelluccio. Il 22 dicembre scorso, al telefono, un collaboratore gli riferiva d’aver visto i manovali di Torchiara all’opera nei pressi della stazione: «Un’altra schifezza pure là», l’eloquente commento del patron dell’impresa rocchese. “A suo dire non eseguivano i lavori a regola d’arte”, ma, “nonostante ciò, decideva d’affiancare alla propria società proprio la Alfieri Impianti”, è la considerazione del gip. E il motivo della sinergia intessuta in barba alla scarsa stima professionale sarebbe esplicito nelle parole che Alfonso D’Auria, procuratore speciale di Dervit (ora ai domiciliari, alla stregua del suo capo), pronunciava a telefono il 24 ottobre d’un anno fa: «Tu stai facendo pure Battipaglia?», gli chiedevano. E lui, a tal proposito, si lasciava sfuggire: «Voglio dire io sto dando una mano ad Alfieri, diciamo alla sorella…». 

Lampioni a peso d’oro
I consulenti tecnici dei pm, che tra gennaio e febbraio per due volte fecero irruzione negli uffici municipali, sequestrando voluminosi carteggi, hanno ricostruito doviziosamente il meccanismo dei corpi illuminanti e dei pali battipagliesi: la Dervit ne commissionò la fornitura parziale alla Alfieri Impianti. Solo che la ditta di Torchiara e quello di Roccadaspide hanno acquistato i beni, identici per tipologia, marca e modello, rivolgendosi allo stesso produttore: De Rosa, allora, non solo ha accettato la “cresta”, comprando dai cilentani materiale che avrebbe potuto procurarsi da solo (declinando un utile di 250.302 euro sui fondi pubblici), ma ha rinunciato finanche allo sconto ulteriore del 6,2 per cento del quale solo la sua ditta avrebbe beneficiato presso il fornitore originario. L’utile bruciato “inspiegabilmente e contro ogni logica di mercato”, quindi, è di poco meno di 266.000 euro. E “la ragione della stipula di un contratto di subaffidamento di fatto svantaggioso per la Dervit e apparentemente privo di una ragione giustificativa tecnico o economica risiede negli accordi sottesi tra De Rosa e Franco Alfieri”. Le luci di Battipaglia barattate per quelle di Capaccio Paestum: alla seconda delle procedure negoziate indette dal Comune dei templi, tra l’altro, erano state invitate – senza presentare offerte: l’unico plico pervenne da Roccadaspide – pure altre imprese che stavano lavorando in regime di subappalto all’ombra del Castelluccio. 

«Ho fatto chiamare al Comune»
Un ulteriore rimando a Battipaglia spunta pure in una conversazione telefonica del 30 novembre scorso: gli interlocutori intercettati sono il sindaco pestano e la sorella Elvira (anche lei ai domiciliari). Alfieri Impianti navigava in cattive acque: l’amministrazione capaccese aveva perso il finanziamento regionale da tre milioni di euro (a causa del presunto falso che sarebbe stato perpetrato dal politico torchiarese, che avrebbe fittiziamente attestato di gestire in house l’impianto di pubblica illuminazione in concessione ventennale, dal 2010, proprio a Dervit) e, per gli inquirenti, aveva fatto ricorso finanche a una variante pur di portare liquidità nelle casse dell’impresa di De Rosa (e, di conseguenza, della Alfieri). Occorreva lo svincolo d’una polizza per portare una boccata d’ossigeno alla “Impianti”, e la sorella ne chiedeva conto. Il fratello rassicurava: «Noi l’abbiamo già svincolata… solo che lo deve fare pure il Comune di Battipaglia… perché là (l’appalto alle porte della Piana, ndr) era Battipaglia e Provincia… però ho già fatto chiamare dalla Provincia al Comune…».

Nella foto: Franco Alfieri, sindaco di Capaccio e presidente della Provincia di Salerno

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