Scorie di tutti i giorni

[di Ernesto Giacomino]

Non so se da qualche parte esiste chi porta il conto e stila una graduatoria ufficiale, ma secondo me al momento siamo il Comune più “blitzato” d’Italia. Ché neanche fai in tempo a riaprirlo, la mattina, il portone di quel Palazzo, che subito c’è qualcuno in divisa che ti bussa alle spalle: buongiorno, guardia di finanza. O carabinieri, o polizia giudiziaria, o controllori del bus. Boys scout e chierichetti, pure. E si finisce sempre per salire a sequestrare qualcosa: faldoni, documenti, chiavette usb, planimetrie, boccioni dell’acqua minerale.

L’ultima risalirebbe a pochi giorni fa: blitz dei finanzieri, leggo in giro, per controllare certe timbrature di cartellino valutate poco credibili. Ahia.

Da giugno scorso a oggi sarebbe il quinto accesso delle forze dell’ordine negli uffici comunali, con i precedenti quattro ripartiti equamente tra controlli collegati all’appalto della nuova illuminazione pubblica e verifica di alcune concessioni edilizie apparse troppo impulsive.

Più d’una visita a bimestre, insomma: manco fosse un piano terapeutico, un percorso odontoiatrico o una programmazione di sedute termali. E se da un lato ti piglia, un po’, quel vittimismo da studente preso di mira dal professore pignolo (“è che ha problemi a casa, poi viene qua e si sfoga con me perché sa che non studio”), dall’altro ti chiedi se sia davvero normale che ogni azione amministrativa di questa città che vada oltre la routinaria gestione del quotidiano finisca per far trillare campanelli d’allarme fra magistrati e prefetture. 

Che poi, diciamocela tutta: sali, sequestra roba, scendi, infilala nella camionetta, risali, ridiscendi eccetera, e tutto su quegli scaloni scomodi e datati. Alla lunga il rischio minimo è una lombosciatalgia, se non proprio un’ernia o un disagio cervicale: poi chi glielo risarcisce, il danno biologico, a tutta questa schiera di controllori e prelevatori? Ecco, dico io: guardiamoci lungo, cogliamo la palla al balzo, convertiamo il dramma in opportunità. È tempo, insomma, di pensare seriamente all’innesto di un ascensore: magari uno di quelli esterni, che si montano postumi perché inizialmente non previsti, con le vetrate panoramiche e il saliscendi a pistone tipo giostrina dell’Edenlandia. Ci facciamo la faccia bella con l’utenza giornaliera, e scongiuriamo il rischio che ai prossimi blitz in scaletta qualcuno ci trascini in tribunale per lesioni colpose.

Un altro vantaggio da non trascurare, poi, è la crescente disponibilità di mobili che si sta venendo a creare: sequestra faldoni oggi, e sequestra domani, e continua dopodomani, armadi e scaffali degli uffici si staranno inesorabilmente svuotando. A questo punto, nella pianificazione degli eventi pubblici previsti a breve possiamo inserirci un bazar settimanale a piazza Amendola in cui vendere tutto quest’arredo comunale avanzato e farci qualche spiccioletto per una rammendata di buche o una spazzata generale ad acqua e creolina.

Ove l’iniziativa dovesse avere successo, poi, si potranno inserire in bancarella altre tipologie di articoli da commercializzare: cancelleria, appendiabiti, posateria, zerbini. E, man mano che avanzerà la diatriba tra chi accusa, chi nega, chi si difende e chi rilancia, anche roba nuovissima e mai usata come chiarezza e trasparenza.

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