Sansificio: via i sigilli, il Comune reagisce

[di Carmine Landi]

Tra cielo e terra, stavolta, non è un rimando al film d’Oliver Stone. Tra cielo e terra, infatti (e tra una carta bollata e l’altra), si combatte l’accesa disputa tra il Comune di Battipaglia e la Sios, società che gestisce il sansificio affacciato sulla Statale 18. 

«Si chiede agli enti in indirizzo di procedere per quanto di propria competenza, atteso che sul territorio comunale insiste un’attività che sta lavorando in difformità ai provvedimenti autorizzativi ambientali e con superamento dei limiti normativi sia per quanto riguarda lo scarico delle acque su suolo che le emissioni in atmosfera, non escludendosi il configurarsi del danno ambientale, creando altresì forte disagio alla popolazione ivi residente». È la chiosa d’una lettera che il dirigente dell’Ufficio tecnico municipale, l’ingegnere capo Carmine Salerno, la responsabile del Servizio ambiente, l’architetto Angela Costantino, e la funzionaria al ramo, l’ingegnere Anna Carrafiello, hanno trasmesso a una corposa lista di “enti in indirizzo” tra i quali spiccano la Procura di Salerno, la Regione e la Provincia, oltre all’Arpac, il Consorzio Asi e la sua partecipata, la Cgs, l’Asl, l’Anas e l’Ente idrico campano. 

La cisterna e il dissequestro
La missiva comunale risale al 15 gennaio scorso. “Day after” d’una decisione che a Palazzo di città non hanno accolto di buon grado: il pm titolare delle indagini ambientali sul sansificio, Elena Cosentino, infatti, ha definitivamente disposto la rimozione dei sigilli dalle linee di produzione dello stabilimento, accogliendo l’istanza dell’avvocato Domenico Amatucci, difensore della Sios. Disposizione giunta all’esito d’un dissequestro temporaneo, che la società aveva ottenuto per eseguire, sempre sotto la sorveglianza dei vigili urbani, ausiliati dal personale dell’Arpac, i lavori volti a staccare i tubi di scarico dalla fogna Asi e convogliare i controversi reflui in una cisterna fuori terra da 30 mila litri, per gestirli come rifiuti liquidi e farli smaltire da una ditta autorizzata. Interventi finalizzati al superamento delle violazioni contestate dai caschi bianchi. Una volta ultimate le opere, con tanto di verbalizzazione della polizia municipale e dell’Arpac, il patron della Sios, Angelo Maria Malandrino, ha chiesto e ottenuto il dissequestro definitivo: il pm, infatti, ritiene che siano «venute meno le esigenze che legittimavano il vincolo reale». E il comignolo dell’impianto ha ripreso a fumigare.

Le polveri nell’aria
Solo che, se “a terra” le criticità parrebbero superate, la nuova problematica è “in cielo”: ancor prima del dissequestro, infatti, in Comune hanno visionato la relazione del pregresso sopralluogo che gli ispettori dell’Arpac, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, eseguirono alla vigilia del blitz dei vigili. Un report impietoso, che pure è stato trasmesso all’ufficio giudiziario guidato dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, visto che, alla prima pagina, la direttrice del dipartimento provinciale Arpac, Elina Antonia Barricella, scrive a chiare lettere che «a seguito di quanto emerso, è ipotizzabile, a carico del gestore, la violazione punita dall’articolo 279 comma 2 del Decreto legislativo 152 del 2006». Un rimando alla norma del Codice dell’ambiente che punisce chiunque violi i valori limite di emissione stabiliti dall’autorizzazione e dalle tabelle allegate dal legislatore. Dall’analisi laboratoriale dei campioni d’effluenti del camino dell’impianto di combustione del sansificio, infatti, è emerso il superamento dei valori limite per il parametro delle polveri totali. 

Il no dalla Provincia
In aggiunta a tutto ciò, il nuovo scarico, quello oggetto delle contestazioni dei tecnici ambientali del Comune e della polizia municipale, comunque superate dalla Sios con la realizzazione della cisterna che ha consentito di riavviare le lavorazioni, era oggetto d’una istanza ad hoc che la società aveva trasmesso nelle scorse settimane alla Provincia, ma da Palazzo Sant’Agostino, con una nota trasmessa pure agli uffici di piazza Aldo Moro, hanno bollato come «irricevibile» la richiesta avanzata dall’azienda di Malandrino. Intanto la più intensa delle stagioni lavorative per gli operai dell’impianto d’estrazione d’olio di sansa volge quasi al termine. Il sequestro è durato un mese, da metà dicembre a metà gennaio. Oltre allo sforamento dei valori limite per alcuni parametri, emerso all’esito dell’analisi sui due campioni di reflui prelevati nei pozzetti d’ispezione degli scarichi in fogna e sul suolo, e alla presenza d’un ulteriore scolo attivo in fognatura mai autorizzato, la task-force municipale aveva relazionato in riferimento a rilevanti accumuli di residui oleosi in corrispondenza dell’impianto di depurazione delle acque di prima pioggia, a un’ampia chiazza di liquido scuro e oleoso in prossimità dello scarico su suolo del depuratore e a una grossa falla nella parete del capannone di stoccaggio della sansa umida, provocata, a detta del proprietario, dall’impatto con un mezzo meccanico. Di qui il sequestro, convalidato dal gip su richiesta del pm, che poi, a distacco di tubi dalla fogna avvenuto e ad allestimento della cisterna ultimata, ha disposto la rimozione dei sigilli.

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