Gip-Gip-Hurrà!

[di Ernesto Giacomino]

“Santomauro va in città”. Sembra il titolo di un libro per ragazzi; una di quelle storie ritrite e abusate in cui il tizio vissuto sempre in campagna si trova di colpo costretto ad affrontare il caos di macchine e palazzi e per un po’ non ci si orienta. E beh, sostanzialmente siamo lì, salvo una differenza fondamentale: che il caos della città, stavolta, non è di traffico e cemento ma di urla e schiamazzi. Confesso che stavolta avrei voluto evitare l’argomento, almeno per non accavallarmi con qualche collega che della vicenda ne parlerà in maniera sicuramente più composta della mia. E però niente, facebook è una brutta bestia, e camminandoci dentro vuoi o non vuoi incappi nel fatto del giorno e relativi commenti, e hai voglia a far finta di niente e buttarti sulla pagina degli amici del paguro. Commenti di tutti i tipi, pro e contro, allo zucchero o al vetriolo. C’è, per dire, l’avversario politico di turno che comunque non ne vuole sapere, se non è per questo reato deve pagarne per altri, per roba di un anno o due o trent’anni fa, e via via a ritroso fino al presunto furto di una figurina panini all’asilo. Oppure c’è il moralista che si appella all’utopia della politica candida, alla legge del “senza macchia e senza paura”, e che già il fatto di un’indagine a carico – fa niente se sono cadute la aggravanti, al massimo lo si perdonava se cadevano le sminuenti – dovrebbe indurlo a tre giorni di fustigazioni in pubblica piazza, una settimana di monastero di clausura e definitivo esilio sulla Sila. Il tutto, chiaramente, controribaltato dai difensori a oltranza, quelli che “la solita magistratura di sinistra”, che se vai a fargli notare che pure l’indagato – se non per il suo colore attuale, almeno per quello di chi lo appoggia – è di sinistra, ti rispondono: “embè? Solita magistratura a sinistra della sinistra”. Ma quello che più m’ammazza, in ciò, è il nutrito gruppo di gente che pur non avendoci capito un totano, di tutta la faccenda, se n’esce con quei post maiuscolati e irti di kappa e punti esclamativi – via! A kasa! Bastaaaa! – rivolti un po’ a chiunque: Santomauro, assessori, consiglieri, uscieri e carpentieri, fino all’ultimo impiegato del Comune e relativo cane o criceto. Per roba che hanno fatto o non fatto, detto o non detto, pensato o ignorato.

Lungi da me dal difendere chicchessia; ma parlare di obiettività e attinenza ai fatti, nell’opinionismo a perdere che gira in certi ambienti, pare più complicato che discutere di fisica quantistica. Prescindendo da qualunque considerazione personale – umana, tecnica, politica – sull’operato del soggetto in questione, il dato certo e incontrovertibile è che continuiamo (a torto o ragione, per carità) a sentirci offesi e insultati da una condotta di un ex sindaco ancora tutta da definire, ma sorvoliamo pacificamente su un’opinabile metodologia di giustizia che ci ha sbattuti in prima pagina come una popolazione di camorristi senza averne – Gip docet – alcuna prova.

Da questo dovremmo sentirci sopraffatti e umiliati: dalla gratuita alimentazione del pregiudizio verso un’intera collettività, da quel video notturno delle volanti in paranza sulla A3 che ha fatto il giro dei tg nazionali; mentre non una sola parola, ad accuse parzialmente rientrate, è stata oggi spesa per riabilitare la dignità non già del singolo politico, ma di un’intera città che per mesi è stata pubblicamente additata come covo di casalesi.

Come dire: campanilismo? No, grazie. Qua ci si sfizia più col cannibalismo.

21 novembre 2013 – © riproduzione riservata

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