Ansia da gestazione

[di Ernesto Giacomino]

L’impero Battipaglia, ah sì. Pare che, da un bel giorno in poi, nasceranno tutti qui, all’Ospedale S. Maria della Speranza. O meglio, è ciò che prevedrebbe il provvedimento 7461/DG dell’11 giugno 2014, a firma della Direzione Generale ASL di Salerno. Polo delle nascite, lo hanno chiamato: unificazione dei reparti materno-infantili degli ospedali di Eboli e Battipaglia. Detto in termini più spiccioli: non dalle Alpi alle Piramidi e dal Manzanarre al Reno, ma sicuramente dagli Alburni ai Monti Melito e dal Tusciano al Sele, prepariamoci a un’invasione di nativi battipagliesi come non s’era mai vista in quasi novant’anni di storia comunale.

Un po’ una rivincita, no? Sembra ieri che, nei picchi di attività delle cliniche Salus e Venosa, e in attesa del completamento del nosocomio cittadino, si andava a nascere all’ospedale di Eboli. Quella città – senza offesa, eh – che rimaneva comunque non nostra, magari mai nemmeno visitata per bene, e che a vita ci restava stampata sulla carta d’identità costringendoci ogni volta a spiegare che no, non s’era di lì e non ci si avevano parenti, è solo che ai tempi ci lavorava la tal ostetrica o il tal ginecologo di famiglia.

Come dire: da comunità di eterni oriundi, noi, a battezzatori di un nuovo ceppo sperimentale: se non multietnico, almeno multimunicipale. Da che qui non veniva a partorirci nessuno alla standardizzazione ciclostilata dei certificati di nascita: prego dotto’, già e tutto scritto, metteteci solo data e nome e un marcone da bollo di sedici euro.

In numeri: calcolando che in Italia, annualmente, nasce un bambino ogni cento abitanti, e che la popolazione globale servita dal “neonatificio” unico così determinato sarà di circa centomila anime, l’inondazione media delle nursery dovrebbe attestarsi sul migliaio di vagiti annui. Una vagonata di pannolini che, a metterli uno sull’altro, verrebbero comodi per affacciarsi sul pennone della torre Eiffel.

Che poi: “polo delle nascite”. E no, ma dai, ma davvero sa di cittadella industriale, da villaggio di maestranze intorno agli stabilimenti della Volkswagen. Chiamiamolo, che ne so, bimbopoli. Cosmoparto. Doglielandia. Roba che dia un calcetto negli stinchi alla fantasia, che strappi un sorriso, che faccia poesia: dove sei nato, tu? A Città de la Contraçion, sapessi che bello, dalla mia finestra vedevo la discarica del Castelluccio.

Chiaramente non mancano, in ciò, le polemiche. E vorrei vedere. Si muovono dissidenti, operatori del settore, associazioni di categoria. Triplicare in una botta sola le attività di un reparto – e incrementalo pure con tutto l’organico che vuoi – appare un’operazione di un azzardo così incalcolabile che non ci scommetterebbe un centesimo nemmeno er Pomata di Febbre da Cavallo.

Già così, diciamocelo, le cose non sempre eccellono, l’errore e la distrazione paiono in costante agguato anche nel gestire quei pochi e garbati nascituri nostrani. Figuriamoci allora il baccano quando l’accorpamento sarà operativo: la graduatoria per l’assegnazione dei posti al nido, l’occupazione abusiva dei neonati più furbi, il bullismo dei nati sovrappeso verso i deboli da calo fisiologico. Diciamocelo: già quella che li attende non è proprio una vita facile, perché rovinargliela fin da ora?

26 giugno 2014 – © riproduzione riservata

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