Il cartello di Battipaglia

Prima-22929 maggio. È notte. Battipaglia dorme. Non tutti i battipagliesi, però, possono godersi il soave abbraccio di Morfeo, ché in città è in corso la mastodontica operazione Sistema. Più di quattrocento agenti della Polizia di Stato, infatti, sono al lavoro per eseguire un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal Gip del Tribunale di Salerno, Piero Indinnimeo, al termine dell’inchiesta di Rosa Volpe, sostituto procuratore antimafia. 87 arresti: tra detenzioni in carcere e domiciliari. Gli altri indagati, invece, sono 42.
Alle prime luci del mattino, poi, s’apprende l’accaduto: un maxi-blitz che, a fronte di indagini sugli anni che vanno dal 2009 al 2012, porta alle luci della ribalta nazionale il “clan Sant’Anna”, un sodalizio criminale di stampo camorristico che si colloca sulla scia di quello che fu il gruppo dei Giffoni, che pareva esser stato sgominato nel 2003, quando i due boss, Biagio Giffoni e Bruno Noschese, finirono al 41 bis.
Una nuova organizzazione, che sarebbe stata promossa da colei che fu leader in pectore delle occupanti degli alloggi comunali di viale Manfredi, ossia Lucia Noschese, figlia di Bruno e nipote del padrino Giffoni. In cambio di percentuali a favore dei detenuti della famiglia, infatti, la Noschese avrebbe assicurato la protezione del vecchio cartello al clan emergente, capitanato da Paolo Pastina, Pierpaolo Magliano e Cosimo Podeia.
Droga, ricettazione, armi, gioco d’azzardo, ville, ristoranti, partecipazioni in società locali, monopolio sui fuochi pirotecnici, l’ambizione di far guerra a Scampia.
Last but not least, il condizionamento del voto e le pesanti ombre – già innalzate nel 2014 nell’arcinota relazione che portò allo scioglimento del consiglio comunale – su quei 282 voti che nel 2009 consentirono a Orlando Pastina, padre di Paolo, di guadagnarsi uno scranno nel parlamento cittadino. Pastina senior – che è indagato – secondo gli inquirenti avrebbe tutelato politicamente l’organizzazione.
Alle prime luci del mattino, i battipagliesi dovrebbero risvegliarsi. E c’è chi lo fa, impugnando squille e fanfare e inneggiando al trionfo della giustizia, mentre ammira allo specchio il presunto candore del proprio volto: meglio farebbe a tornare a dormire, ché non è il tempo di danzar sulle carcasse, dopo aver pure contribuito, col silenzio e con le mani in mano, a renderle ciò che sono. Alle prime luci del mattino, i battipagliesi dovrebbero risvegliarsi. E c’è chi non lo fa, continuando a riposare fino alla domenica successiva, mentre dai poster sui muri osserva i propri giudici passeggiare per le strade e par chiedersi cosa potrebbe dire – e, soprattutto, non dire – per strappar loro un voto in più: meglio farebbe a continuare a dormire, ché le migliaia di note redatte nei giorni prima, nei quali si commentava anche l’aria fritta pur di guadagnare dieci righe su un quotidiano, sono ancor più sterili in raffronto al silent friday.
Meglio farebbero a dormire un po’ di più molti battipagliesi, perché la notte porta consiglio. Forse la saggia luna sussurrerà alle loro orecchie che, con il dovuto rispetto per le potenzialità turistiche di questo lembo di terra all’ombra del Castelluccio, i tre attuali inquilini di Palazzo di Città non volevano mica venirci qui. Magari le stelle faranno notare che Battipaglia non è la vittima sacrificale di una congiura ordita nelle sale capitoline. Può darsi che, con l’acuto canto delle lucciole, Battipaglia capirà che non è un disonore dirsi che qui la camorra c’è. L’onta, quella reale, è far finta di nulla e restare in silenzio. Perché la verità fa male, ma rende liberi.

5 giugno 2015 – © Riproduzione riservata 
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