Movimenti sinistri
I progressisti battipagliesi affilano le armi in vista delle prossime elezioni
C’è da fare un accurato labor limae, perché l’armamentario dei democrats è notevolmente arrugginito. Pareva una macchina da guerra, nel 2009, quel Pd che, sotto la guida di Giovanni Santomauro, s’era preso con le unghia e con i denti la fascia tricolore di Battipaglia, che nei quindici anni precedenti era stata feudo d’un centrodestra incontrastato. Poi, però, venne l’epoca dei consigli comunali con le maggioranze bulgare e, con l’avvicendarsi delle stagioni, qualcuno ripose nel cassetto la maglia del Pd, a beneficio d’una casacca scudocrociata. E in seguito ci fu lo scioglimento. E poi il commissariamento. E di nuovo uno scioglimento, stavolta più grave. E il commissariamento bis. E un congresso che lacerò il Pd: il vincitore, Davide Bruno, inaspettatamente segretario con due soli voti di vantaggio su Angelo Reggente, espressione di continuità rispetto alla vecchia segreteria di Luca Lascaleia. E i contrasti tra le due fazioni. E le Regionali: “Oddati si tira indietro; candidiamo Pietro Ciotti nella lista del Pd”. Cose che non t’accadono tutti i giorni. Poi, però, ti manca una firma. E salti il turno.
Doverose premesse per comprendere le strategie per le elezioni comunali. Il Partito democratico ha tanta buona volontà, ma non ricorda per compattezza una testuggine. Bruno sa che deve serrare i ranghi dell’esercito democrat, e allora dice no alle primarie, ché disperdersi potrebbe significare non ritrovarsi più. Da qui l’azzeramento delle autocandidature. «Non c’è nessun nome – chiarisce il leader dei dem – e chi si muove fuori da questa logica fa un percorso differente da quello del Pd».
Dello stesso avviso è l’ex segretario Luca Lascaleia, che era stato un accanito oppositore di Bruno: «L’unitarietà del partito – spiega – viene prima».
Per compattare la testuggine, poi, occorrono i vessilli del Pd. Più d’ogni altra cosa, la direzione cittadina vuole il simbolo. Un percorso che prende il là dall’ascolto di tesserati, associazioni collaterali, dirigenti provinciali iscritti al circolo di Battipaglia ed ex amministratori; si passa, poi, per il programma; si giunge, di comune accordo, alla designazione del candidato.
E il profilo dell’aspirante sindaco dovrà avere chiari connotati politici, sì da poter federare non solo il partito, ma pure gli alleati: Bruno, infatti, vuol riprodurre in città la coalizione deluchiana. Pd, Scelta Civica, Psi e soprattutto Udc. C’è già stato un incontro con Michele Toriello, vicesegretario provinciale degli scudocrociati, consacrato da Luigi De Cobellis quale unico rappresentante cittadino del partito. Delegittimato il presidente provinciale, Vincenzo Inverso, che guarda a destra.
Capitolo candidati. Sfumata l’iniziale pista civica, il nome più forte rimane quello del coordinatore provinciale, Nicola Landolfi, che è di Salerno ma vive a Battipaglia. Pare, tuttavia, che il numero uno del Pd salernitano non abbia accolto di buon grado la precoce comparsa del suo nome tra le pagine dei giornali; i vertici cittadini, ad ogni modo, caldeggiano vigorosamente la candidatura. E se dovesse sfumare l’ipotesi Landolfi, si proverebbe con un altro federatore del centrosinistra. Altrimenti primarie. Con Pietro Ciotti, Nicola Vitolo, Dario Toriello, Piero Lascaleia, Alfonso Pace e, forse, Marco Onnembo. Qualcuno di loro dice che scenderà comunque in campo come candidato sindaco, ma bisogna tener conto che, in questa fase, è difficile che un candidato faccia passi indietro: è politica.
Nulla da spartire, al primo turno, tra Gerardo Motta e il centrosinistra: l’imprenditore vuole candidarsi a sindaco con il supporto delle civiche ma, se non giungesse a un eventuale ballottaggio, sosterrebbe i dem.