La lezione di Battipaglia Amarcord

[di Daiberto Petrone]

Torno, con tempi sicuramente non giornalistici, sulla mostra fotografica “Battipaglia Amarcord” organizzata di recente da questo giornale, per registrarne con soddisfazione il grande successo, non solo per la nutrita partecipazione, ma per gli innumerevoli apprezzamenti espressi trasversalmente dai cittadini di ogni ceto. Questo racconto per immagini che attraversa oltre sessant’anni della nostra storia recente offre, col taglio giornalistico della cronaca per immagine, un spaccato affascinante del “come eravamo” suscitando emozioni forti, nostalgie, qualche rimpianto, ma, almeno per quanto mi riguarda, anche una buona dose di amarezza.
Infatti, non appena scemata l’atmosfera di grande fascinazione, la magia delle immagini dei volti, delle strade, delle piazze, delle scuole, dei negozi, che hanno connotato l’infanzia e l’adolescenza di tanti di noi, ho avuto un impatto invero brusco e spiacevole col contesto attuale,  col “come siamo”.
Oggi viviamo nella moderna cittadina dell’incontrollato sviluppo edilizio, delle occasioni mancate, delle pessime condizioni di strade e marciapiedi, del traffico veicolare fuori controllo, dell’assenza di parcheggi, della villa comunale lungo il Tusciano dimezzata e chi più ne ha, più…, senza parlare poi della ormai consolidata e strutturale inadeguatezza del ceto politico e amministrativo cittadino recente e meno recente.
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Dal raffronto, non sociologico o storico, ma solo su un piano emotivo tra ieri ed oggi scaturisce una grande amarezza per ciò che il tempo ci ha portato via e ciò che il “nuovo che avanza” non ha saputo o voluto  realizzare.
Scorrendo le meravigliose immagini in bianco e nero son tornati alla memoria tutti quei posti ora scomparsi nei quali le passate generazioni si sentivano a casa loro; non che fossero molti, in verità, però rappresentavano momenti di partecipazione, di aggregazione in grado di recuperare una identità di cittadino, un modo di essere e di sentirsi battipagliesi: le piazze a misura d’uomo, i circoli,  il prestigioso Teatro Garofalo ricco di un fastoso passato, il moderno Cinema Alambra, il popolare “Conforti”, la sala parrocchiale “Bertoni” sul cui palcoscenico tanti di noi si son cimentati, la biblioteca comunale, la Castelluccia meta dei “fuoriporta” di tanti battipagliesi.
Questo non può essere vissuto come  rimpianto quotidiano per quello che c’era e non c’è più, ma dovrebbe costituire la spinta ideale per coloro i quali hanno avviato le grandi manovre per sedersi nell’assise cittadina e spingerli ad enucleare una idea di progresso e di sviluppo per la nostra comunità che non cancelli del tutto i luoghi della memoria, i luoghi nei quali il cittadino deve continuare a sentirsi a casa propria.
Per fare ciò si deve, conservare e  recuperare ciò che costituisce memoria collettiva e, oltre alle necessarie opere infrastrutturali, aggiungere spazi capaci di alimentare il senso civile, la partecipazione e l’orgoglio di sentirsi non solo contribuenti di questo nostro sfortunato paese ma a piena ragione “cittadini” nell’accezione più nobile del termine.
La vera crescita civile si misura dal numero dei luoghi di aggregazione e di offerta culturale ed artistica e quant’altro utile ad integrare quel minimo di accessori connotanti la civitas. Sono le scuole aperte, le piazze accoglienti, le biblioteche, i musei, i teatri, i cinema, le librerie, i servizi culturali che distinguono una vera città da un agglomerato di case, negozi e asfalto che non può più neppure definirsi “paese” nell’accezione propria di piccola comunità legata alle proprie radici e tradizioni, così ben rappresentata dalla mostra fotografica curata dal nostro giornale.

16 0ttobre 2015 – © Riproduzione riservata
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