Una lunga e velenosa campagna elettorale
A sette anni dall’ultima tornata amministrativa, era prevedibile che l’agone politico sarebbe stato animato da una pungente vis polemica. E poi, se è vero che, già nel 2009, molti battipagliesi facevano utilizzo dei social, occorre riconoscere che soltanto negli ultimi anni Facebook e affini hanno conosciuto, tra gli utenti della nostra città, una vera e propria diffusione a macchia d’olio. Dunque, in molti casi, quelli che, negli anni precedenti, erano bonari confronti al tavolino d’un bar o agli angoli delle strade, ora, nel mare del web, si sono tramutati in battaglie cyber-navali, spesso portate avanti da account falsi, tra like, commenti e condivisioni fino all’ultimo colpo.
Ad ogni modo, di comunali s’era preso a parlare già tra il 2013 e il 2014, con Cecilia Francese che è in campagna elettorale dal 2009, con Pietro Ciotti che, all’indomani dell’arresto dell’ex sindaco Giovanni Santomauro, è sceso in piazza di frequente, e con gli attivisti del movimento cristiano Sulla Tua Parola che avevano già preso a pianificare le amministrative.
Poi c’erano Nicola Vitolo e Fernando Zara, che pure programmavano una discesa in campo. Lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche, tuttavia, rimandò ogni discorso al 2015. E il primo a parlare di elezioni comunali, a febbraio, fu Vincenzo Inverso, che tra le pareti della De Amicis presentò ai cittadini il progetto #perunnuovoinizio. Poi fu il turno di Gianluca Barile, che annunciò d’essere intenzionato a candidarsi a sindaco: proposito che, per questioni personali, il vaticanista avrebbe accantonato qualche mese dopo, schierandosi con Gerardo Motta, pur senza concorrere per uno scranno consiliare.
Ai principi della primavera, d’altronde, l’imprenditore battipagliese, di cui tanto s’era ripreso a parlare tra le colonne dei quotidiani per via del sostegno al Pd di Vincenzo De Luca, Franco Alfieri e Franco Picarone in occasione delle regionali, annunciò che si sarebbe candidato a sindaco con l’appoggio di cinque liste civiche, escludendo categoricamente l’intenzione di trascinare i dem dalla propria parte. Scese in campo anche Enrico Lanaro, candidato dai militanti del Movimento Pro Sindaco, poi divenuto Movimento Pro Battipaglia. Dapprima il veterinario aprì un serrato confronto con Inverso ma, qualche mese dopo, le strade dei due si divisero. Nel frattempo, gli attivisti dell’associazione Insieme lanciarono la candidatura di Ugo Tozzi. A luglio, a Battipaglia, sbarcarono per la prima volta quelli di Noi con Salvini, che annunciarono che, in occasione delle amministrative del 2016, i leghisti avrebbero proposto un proprio aspirante sindaco.
Ai principi d’agosto, si prese a far chiarezza nel centrodestra. Giuseppe Provenza non era ancora il coordinatore di Forza Italia, ma ormai la sua nomina appariva scontata, e l’investitura dell’avvocato avrebbe rinsaldato quell’asse che, da sempre, guardava con simpatia a Cecilia Francese nelle vesti di candidato di Forza Italia. E chi fece la voce grossa, tuonando contro un’ipotesi del genere, fu Zara: «Sarebbe una iattura affidare il centrodestra a una rifondarola che alle regionali ha fatto votare Rosania», dichiarò l’ex sindaco di Battipaglia. Dalla parte di Fratelli d’Italia, invece, sull’asse Edmondo Cirielli – Alberico Gambino, continuava a rinvigorirsi l’ipotesi che consacrava Ugo Tozzi quale candidato del partito di Giorgia Meloni. A settembre, all’Hotel Palace, Carmine Pagano convocò il tavolo del centrodestra, al quale sedettero Fernando Zara (Rivoluzione Cristiana), Romeo Leo (Udeur), Michele Gioia (Fratelli d’Italia), Vito Lupo e Vincenzo Inverso. La presenza del presidente provinciale dell’Udc fece indignare i vertici provinciali scudocrociati, che riconobbero in Michele Toriello il legittimo rappresentante di partito a Battipaglia. Da lì il lungo braccio di ferro, con i demitiani che poi sarebbero confluiti nella coalizione di centrosinistra, e con Inverso che, col benestare di Pier Ferdinando Casini, avrebbe ottenuto l’agognato simbolo di Area Popolare. Assente Forza Italia, che poi a febbraio ha ufficializzato l’accordo con la Francese. Inverso è rimasto in campo come candidato sindaco; Zara, al contrario di quanto dichiarato ad agosto, ha condotto il suo partito proprio tra le braccia dell’endocrinologa; Leo s’è candidato al consiglio comunale con Motta; Gioia, a dicembre, ha ufficializzato l’accordo tra Tozzi e Fratelli d’Italia, nella cui lista c’è pure Lupo.
Nel frattempo cominciava a darsi da fare pure il Partito democratico, guidato dal segretario cittadino, Davide Bruno. Ai progressisti battipagliesi spettava il compito di individuare un candidato forte, in grado di mettere a tacere ogni voce che voleva il Pd come longa manus di Motta. La frattura interna tra Ciotti e Vitolo, entrambi intenzionati a candidarsi, pareva insanabile, e allora Bruno, coadiuvato da Mimmo Volpe, cominciò a pensare a un aspirante sindaco forte, in grado di federare. Due piste, una espressione della società civile, l’altra di partito: la prima portava a Rosario Rago, presidente di Confagricoltura Campania; la seconda a Nicola Landolfi, segretario provinciale del Pd. L’imprenditore, parente di Tozzi, ha declinato l’invito per ragioni familiari; il politico ha atteso la proposta ufficiale, arrivata a dicembre 2015, per poi rifiutare dopo qualche settimana. A quel punto, dopo un debole tentativo, soprattutto da parte di Tino Iannuzzi e Federico Conte, di arrivare a far candidare il segretario cittadino, s’è scelta la via delle primarie. Primarie al vetriolo, alle quali avrebbero dovuto prender parte Ciotti e Vitolo in rappresentanza del partito e Lanaro e Galdi come esponenti civici. Poi, però, in extremis fu inserito nella mischia Nicola Oddati. L’ex assessore del Comune di Napoli avrebbe dovuto provare a fare sintesi tra i candidati: tuttavia, l’unico passo indietro, tra l’altro a due giorni dalle consultazioni interne del 6 marzo, fu quello di Vitolo. La candidatura di Oddati, dunque, ha finito per gettare ulteriore confusione in uno scenario particolarmente frammentato, e così, per Lanaro, è stato un gioco da ragazzi vincere le primarie. Poi le polemiche: le monetine, le pressioni, l’ambiguo clima che si respirava a via Guicciardini in quella domenica di marzo. Ciotti e Oddati non riconobbero la vittoria di Lanaro, Galdi sì. In seguito Oddati decise di supportare comunque il veterinario, mentre Ciotti chiese che venisse fatta chiarezza all’interno di un partito che aveva perso le primarie: non soddisfatto, il sindacalista scelse di continuare a correre da solo.
Un nuovo casus belli, però, portò pure Oddati e Galdi lontano da Lanaro: venne fuori, infatti, che il veterinario, che s’era sempre dichiarato estraneo alla politica, nel 2002 s’era candidato al consiglio comunale tra le fila di Alleanza Nazionale. E così Lanaro divenne orfano dei suoi antagonisti.
Motta ha condotto la campagna elettorale proponendo l’immagine d’un uomo moderato, contrariamente a quanto manifestato in passato; la Francese, alludendo all’imprenditore, ha provato in tutti i modi a far capire che «il vecchio è tutto da una sola parte».
I “politici di Cristo” di Sulla Tua Parola, che inizialmente avrebbero voluto appoggiare uno dei candidati a sindaco presenti nell’agone, hanno deciso di proporre Riccardo Maria Cersosimo; Ciotti, dopo la nota esclusione, è rimasto in campo con l’unica lista riammessa dal Tar; il Movimento 5 Stelle è uscito dall’agone elettorale perché di gruppi di grillini, in città, ce n’erano due; quelli di Noi con Salvini, che parevano oramai usciti di scena quando il referente cittadino, Michele Ventriglia, s’era candidato con Motta, sono apparsi nel giorno della presentazione delle liste al Comune, candidando Guglielmo Marchetta.
E a Battipaglia i leghisti hanno portato Matteo Salvini: quello, probabilmente, è stato il momento più velenoso d’una lunghissima campagna elettorale, con il letame ritrovato sul palco a poche ore dal comizio.