Fonderia Pisano? No, grazie. Ma forse…
Cecilia Francese, Brunello Di Cunzolo, Stefania Vecchio, Gerardo Motta, Enrico Lanaro e Antonio Amatucci commentano l’indiscrezione non confermata di delocalizzazione dell’impianto industriale da Salerno a Battipaglia. Molti “no” convinti, ma anche qualche timida apertura
Del possibile insediamento a Battipaglia della fonderia Pisano, ormai, si parla ovunque, nei salotti, nei bar e nei consigli comunali. L’opinione pubblica generale sembra essere compatta e contraria alla fonderia. Pregiudizio? Forse. Anche per la politica locale è un no: netto e corale. Ma i corridoi sussurrano altro. E allora quei no, netti e corali, sembrano assumere il tono di chi vuole blandire una popolazione stanca di esser trascinata a rincorrere disordinatamente un rilancio territoriale ed economico che non arriva. Pregiudizi e voci di corridoio: pessima combinazione. Il pregiudizio può essere superato con un’informazione chiara e le voci di corridoio possono essere facilmente confermate o smentite. Perciò abbiamo ascoltato varie sensibilità politiche e professionali del nostro territorio.
Rispetto alle fonderia Pisano, il sindaco Cecilia Francese ha ribadito il suo no (cfr. intervista pubblicata su Nero su Bianco del 28 ottobre scorso), ma ci tiene a sottolineare come oramai i moderni impianti metallurgici siano privi di impatti significativi sulla salute e sui territori. Attraverso l’ufficio stampa, ci pervengo le dichiarazioni del coordinatore di maggioranza, Bruno Di Cunzolo: «L’amministrazione non ha avuto nessuna richiesta tesa a facilitare l’insediamento della fonderia Pisano. Le notizie di stampa che sono state diffuse indicano un’esigenza di 100 ettari, dimensioni che se fondate non sono riscontrabili con aree compatibili urbanisticamente nelle nostre zone. Detto questo non sono il consulente dei privati e chiunque vorrà proporsi per l’area di crisi dovrà rispettare i criteri ambientali e secondo i parametri le diverse istanze saranno valutate».
Dallo stesso ufficio, le dichiarazioni dell’assessore con delega al Territorio ed Ambiente, Stefania Vecchio: «L’idea dell’amministrazione è quella di implementare la naturale vocazione del territorio e, soprattutto, di valorizzare i prodotti tipici per i quali Battipaglia è conosciuta in Italia, in Europa e nel mondo. La nostra intenzione è quella di legare indissolubilmente il nome della città ad una sorta di marchio di provenienza, significativo in termini di qualità e di affidabilità dei prodotti. In questo contesto appare oltremodo fuorviante parlare di delocalizzazione di una fonderia senza che, parallelamente, siano garantite la salute dei cittadini e la salubrità dell’ambiente, non solo nel breve periodo, ma anche in quello lungo e lunghissimo. Ad oggi non abbiamo ricevuto da parte della Fonderie Pisano alcuna richiesta, né ci hanno illustrato progetti ed intenzioni. L’amministrazione valuterà le ipotesi concrete che siano legittime e rispettose degli stringenti vincoli posti dalle norme, considerando sia le istanze dei cittadini che quelle del territorio».
Il governo cittadino, quindi, non sembra favorevole all’insediamento di una fonderia, ma mantiene comunque una garanzia d’apertura istituzionale qualora si prospettassero insediamenti rispettosi dei requisiti di legge.
Nettamente contrario è il consigliere Gerardo Motta: «Saremo al fianco di Cecilia Francese qualora continuasse la linea contraria all’insediamento della Fonderia Pisano a Battipaglia, così come lealmente abbiamo dato il nostro supporto alla determinazione in Battipaglia dell’area di crisi industriale. I terreni della zona industriale furono espropriati con un ben preciso scopo: potenziare le attività produttive. Purtroppo, col tempo, quei terreni sono stati spesso affidati ad avventurieri che, dopo aver sfruttato le opportunità offerte dal territorio e da aiuti, hanno chiuso le proprie attività abbandonando i lavoratori. L’interporto si è rivelato uno sgangherato carrozzone politico: non ha prodotto nulla se non debiti. E ci ha fatto perdere 20 anni di industrializzazione: sin dal 2002 avevo intravisto ciò. Ora c’è da riprendersi il governo di quelle zone e guidare con intelligenza ed occhi aperti la reindustrializzazione: legalità e piani industriali credibili con garanzia di produzione ventennale. Altri comparti industriali sono già sviluppati, mentre una fonderia non certo gioverebbe alla nostra fiorente industria agricola ed alimentare che sta garantendo tenuta occupazionale».
Anche Enrico Lanaro, consigliere d’opposizione e candidato sindaco nella recente tornata elettorale, si mostra perplesso rispetto all’insediamento della fonderia: «Quello che è lo stato attuale del nostro territorio e della nostra industrializzazione mostra prima di tutto che sono mancati i controlli. Bisognerebbe affidare a questi controlli l’insediamento di una fonderia? Credo che sia necessario un cambio di strategia, magari guardando alle metodologie nordeuropee. Quindi, ove mai dovesse prendersi in considerazione l’ipotesi fonderia, meglio affiancare a questi controllori un comitato di cittadini con libero accesso agli impianti e alle documentazioni relative alla sicurezza ambientale. Ma credo vi siano altre priorità. L’area industriale ed interportuale ha bisogno di essere migliorata: molti imprenditori spesso sono a disagio nell’ospitare i propri partner economici nella nostra zona industriale. Al contempo, poi, vi sono insediamenti produttivi che necessitano di ampliamenti: penso, innanzi tutto, al comparto plastico che tanta occupazione e lustro ha dato e dà al nostro tessuto produttivo».
Una prospettiva ampia e lunga ce la fornisce Antonio Amatucci, legale specializzato in materia ambientale: «Nonostante gli ostacoli causati dall’interporto, che già prospettavo dieci anni fa, il nostro territorio ospita aziende d’eccellenza e che, grazie alle loro ricerche e alla loro qualità produttiva, hanno posizionato a livello altissimo il nome di Battipaglia nel settore dello stampaggio delle plastiche. A ciò si aggiunga che il settore caseario ed agricolo sono una realtà stabile ed evoluta. Il settore agricolo produce qualità ed innovazioni tali da posizionare il nostro territorio al primo posto in Italia per esportazione di prodotti di quarta gamma e, nello stesso settore, ha acquisito una fetta del relativo mercato europeo pari al 30%, con prospettive di crescita. Con queste realtà già esistenti, da curare e incentivare, non si vede la necessità di portare sul territorio una fonderia che, a livello di percezione mediatica, lederebbe l’immagine della salubrità di un territorio che è eccellenza in Italia per la produzione alimentare. Proprio per questo, già nel 2006, proposi agli enti competenti di certificare la qualità ambientale del nostro territorio: un marchio di qualità, che oggi in molti adottano, ci avrebbe reso ancor più competitivi. D’altro canto il nostro territorio ha già pagato il suo pegno verso l’ambiente proprio nel settore siderurgico, ospitando qui a Battipaglia scorie di fonderia. In ogni caso, poi, ospitare industrie, come le fonderie, così complesse a livello ambientale necessiterebbe una valutazione ambientale strategica (VAS) per valutare non il singolo impatto portato dalla fonderia ma l’incremento complessivo che deriverebbe assommandolo con i carichi ambientali già in essere, derivanti dalle aziende già operanti sul territorio anche con processi industriali che potrebbero essere altamente impattanti per l’ambiente: non dimentichiamo che sono presenti sul territorio processi industriali che rientrano tra quelli assoggettabili alla normativa cosiddetta Seveso I – II e III ma che non sono assoggettati solo per dimensione».
È evidente che il passato del proprio territorio, con la sua vocazione e con le lezioni derivanti dai propri errori, fornisce tutte le chiavi di sviluppo futuro. Forse il passato di altri territori non è propriamente necessario.