Strada farcendo
[di Ernesto Giacomino]
ZTL = Zibaldone Tutto Locale. Niente, non ce ne si esce. Negozianti che ci credono, altri che non la vogliono, cittadini pro, cittadini contro, astenuti e non pervenuti. Non riusciamo ad accordarci su un’isola pedonale, figuriamoci se avessimo avuto un referendum sulla Costituzione tutto nostro: la più grande frammentazione di correnti e opinioni dopo i parlamenti a briciole della Prima Repubblica.
Ok, nessuna presunzione di avere in tasca una qualche verità assoluta. Facciamo che provo a schiarirmi le idee, e lo faccio ad alta voce. Per cui, uno: ma s’è mai fatto uno studio serio e mirato, con tanto di dati catalogati e criticati, di chi davvero vuole cosa? C’è il sentore, ad esempio, che le percentuali “percepite” dei cittadini che affermano di preferire lo shopping a piedi cozzino con quelle dei negozianti che si sentono penalizzati dal medesimo shopping a piedi. Delle due l’una: o si dichiara una cosa e ne si fa l’altra, oppure magari si ha la tendenza a pronunciarsi “de panza”, senza reale cognizione di causa: signora mia, son robe, il cognato dell’amico di un cugino di un mio cliente m’ha detto che qui non viene a spendere perché il parcheggio è troppo lontano.
Il tutto confluente in una diatriba ormai annosa e stancante, con in mezzo i moderati del “sì, però, comunque”; e agli estremi, da un lato, chi non solo non vuole l’area pedonale ma ci farebbe addirittura una sopraelevata, e dall’altro i rivoluzionari della “marciapiedizzazione” definitiva di tutta la zona (cosa su cui – dubbio che ripeto all’infinito – ho un sospetto di non facile fattibilità, atteso che via Mazzini è una statale e un sindaco non ha i poteri esecutivi di Luigi XIV).
Secondo punto, poi. Penso, io, che in un reale tavolo rappresentativo di tutti i bisogni in gioco uscirebbero fuori cose che al momento non vengono sufficientemente dette o ascoltate. Ad esempio, che una ZTL non si fa semplicemente sbarrando una strada per un tot numero di ore, ma attraverso una strategia strutturata che tenga conto delle conseguenze logistiche e psicologiche della cosa: ad esempio, con un’adeguata segnaletica dei percorsi alternativi, l’indicazione meticolosa delle macro-aree di parcheggio (diciamocelo, anche con sensibili riduzioni delle tariffe attuali), la ridefinizione dei percorsi urbani dei mezzi pubblici (anche qui, magari, provando a incentivarne l’uso con quel minimo di abbattimento del costo del biglietto). Con un occhio – che non guasta mai – a migliorarne anche l’illuminazione pubblica, di quest’auspicata ZTL: i lampioncini sbiaditi a grappolo s’avviano a festeggiare il trentennio, ormai; e con loro, i nostri occhi mandati costantemente a brancolare nel semibuio (totale: che attrattiva può mai avere, un sedicente corso “commerciale”, se all’impatto appare nient’altro che un grosso vicolo di periferia).
Diversamente, altre operazioni scollate da questa logica parrebbero non sortire altro effetto che quello attualmente percepito: ovvero l’isolamento pro-tempore di una strada a tutt’oggi vitale per il commercio e lo svago cittadino. In barba a un progetto che, al contrario, ne vorrebbe il reintegro – e la rivalutazione – in un disegno di maggiore vivibilità dell’intera città.