Stazioni e barriere architettoniche | di Emiliano Giubileo
Quest’anno, in agosto, ho fatto una bella esperienza in Germania. Sfruttando le eccezionali ferrovie tedesche ho percorso in lungo ed in largo la regione meridionale del Baden-Wurttemberg. Con capitale Stoccarda, è uno dei Land più ricchi e nei quali più alto è il benessere di vita garantito anche, ma non solo, dall’altissimo livello dei pubblici servizi. Tra i tanti episodi, quello che mi ha maggiormente impressionato, è stato assistere ad una manifestazione al centro di Stoccarda. Inizialmente non avevo ben capito le ragioni della protesta che, poi, mi hanno spiegato avere radici molto profonde tanto da determinare un cambio degli equilibri politici nel Land, con il passaggio della maggioranza elettorale dalla destra alla sinistra ambientalista e progressista. Con l’aiuto di conoscenti del posto, ho poi saputo si trattava di una manifestazione di protesta contro l’avvio dei lavori di ristrutturazione ed ingrandimento della stazione cittadina delle ferrovie. Le ragioni erano sostanzialmente due: il costo, reputato eccessivo anche rispetto alla reale utilità dell’opera, e la presenza di gravi e, per i tedeschi, imperdonabili carenze progettuali determinate dall’esistenza di barriere architettoniche. Se qualcuno vuol verificare questa notizia, il movimento si chiama “ObenBlaiden” e racchiude le sigle della sinistra oltre a larga parte dell’associazionismo e della società civile. La cosa mi ha scosso non poco. E per diversi ordini di ragioni. Prima di tutto i cittadini di un paese ricco come la Germania si preoccupavano dell’eccessivo dispendio determinato alle casse dello stato per la realizzazione di un’infrastruttura. In Italia tutto sarebbe stato giustificato con la necessità di realizzare opere (una qualsiasi!!!) al fine di garantire manodopera, senza preoccuparsi di verificare se quell’opera fosse stata utile o no, necessaria o meno. In secondo luogo l’attenzione così centrale data anche all’altra ragione, quella della presenza delle barriere architettoniche, rendeva ai miei occhi ancora più ammirevole l’iniziativa. Per continuare con i confronti, in Italia la lotta per i diritti civili dei disabili, rimane relegata ai familiari ed a pochi altri cervelli illuminati, senza mai ottenere le luci della ribalta mediatica e politica. Eppure il livello di civiltà di una nazione si verifica anche sulla base dell’attenzione che questa sa dare ai propri cittadini meno fortunati. Viaggiando, quindi, per il Baden-Wurttemberg, ho avuto la possibilità di verificare come ogni stazione, principale o secondaria, grande o piccola, fosse dotata di ogni accorgimento possibile per garantire la maggiore autonomia ai disabili. Scale mobili ed ascensori non mancavano mai e questo non solo per garantire maggiore fruibilità ai disabili ma anche per favorire i naturali fruitori delle stazioni (abbiano o meno essi problemi motori): i viaggiatori. E se c’è una cosa che non manca mai ai viaggiatori sono le valigie, spesso grandi e pesanti. Come ogni vacanza, anche quella estiva del 2011, ad un certo punto, ha avuto termine. Preso l’aereo a Baden-Baden, sono atterrato a Roma. Dopo aver raggiunto la stazione centrale, malinconicamente mi sono diretto verso Battipaglia. Arrivato (finalmente?) a casa mi sono imbattuto in un’illuminante incontro: la nuova stazione della mia città. Un gioiellino appena terminato, dicono orgogliosi alcuni amministratori locali (gli altri, per capirci stanno zitti non sapendone nulla). Sceso dal treno, tuttavia, qualcosa non mi tornava. “Dove cavolo sono le scale mobili? Ma vuoi vedere che non c’è neanche un ascensore?”. Ebbene sì. Non riuscivo a crederci. Più volte, poi, sono ritornato nella stazione nel tentativo, vano, di svelare un mio errore. Non vi è stato verso. Ed allora mi sono posto altre domande: ma si può progettare e realizzare nel 2011 un’opera pubblica senza tenere conto, non solo, delle necessità dei disabili ma anche di quelle dei viaggiatori con valigia, obbligati, altrimenti a caricarsi dei pesanti bagagli per raggiungere in tutta sicurezza i binari? Ed ammettendo che il controllato, ovvero colui che materialmente ha realizzato l’infrastruttura, fosse distratto nella realizzazione dell’opera, il controllore cosa stava facendo quando essa veniva tirata su? E poi ancora: ma c’è veramente qualcuno che ha il coraggio di festeggiare questa infrastruttura? Nella speranza di essermi sbagliato e felice di riceve una smentita, attendo ancora oggi fiducioso una risposta ai miei quesiti.
29 settembre 2011 – © riproduzione riservata