Brunello il «visionario»

Le aspettative deluse, le strategie, i litigi e i retroscena. L’ex coordinatore di coalizione racconta la sua versione dei fatti a Nero su Bianco

Da giorni, in città, non si parla d’altro. Bruno Di Cunzolo ha lasciato il ruolo di coordinatore di maggioranza. Abbiamo invitato l’architetto in redazione per fare una chiacchierata, sull’intricato quadro politico, in cui, come dice egli stesso, «ci sono molti consiglieri pronti a dimettersi domattina».

Cosa è andato diversamente dal previsto?
«Il primo anno doveva essere quello del cambiamento della macchina burocratica, che aveva occupato gli spazi lasciati vuoti dalla politica. E infatti chiedi i due dirigenti, ma se non li hai ancora selezionati, il problema c’è. E la burocrazia ha spazio perché siamo venuti meno alla regola secondo cui i consiglieri comunali realizzano la politica e l’amministrazione attua. Se facciamo una politica assessoriale, che poi s’associa a quella della burocrazia, è ancor di più un problema».

Tutto ha origine col patto con Ugo Tozzi?
«Alcuni dei nostri “talebani” mi rimproverano quell’accordo, sostenendo che avremmo vinto anche senza Fernando Zara e senza Forza Italia: follia! E poi FI e Rivoluzione Cristiana avevano avuto il coraggio di rinunciare ai portatori di voti, sottoscrivendo il codice etico, e lasciandoli tutti a Gerardo Motta. E Motta aveva mantenuto i voti, ci soverchiava di circa 3500 preferenze. E non c’era più la forbice né tra i voti a lui e quelli di lista, né tra i voti a Cecilia Francese e quelli di lista. Allora ho costruito un’ulteriore strategia, di cui mi assumo le responsabilità. Se chi la sta utilizzando lo fa male, non è un problema mio. Tozzi ci propone l’apparentamento. Avremmo avuto un consiglio “tozzidipendente”. Io gli propongo la parità sul piano assessoriale, e la maggioranza in consiglio aumenta: nessuno avrebbe potuto ricattare. Perciò Antonio Sagarese si rinsella: lui vuole dettare legge. Grazie al Patto nobile, fatto anche con Giuseppe Salvatore, oggi la maggioranza può contare su 19 membri in consiglio comunale. E ho avuto la possibilità di sbattere fuori i responsabili dello sfascio, meno un gruppo che sta lì, ma può abbaiare quanto vuole. Se la giunta è esecutiva, che vuoi che m’interessi?».

In una città normale, ci si poteva concentrare parallelamente su altro, oltre che sulla riorganizzazione. Se la villa comunale, ad esempio, spesso la si trova chiusa, i battipagliesi non hanno l’idea d’una città normale…
«Per la prima volta, ci sono state misure di disciplina nei confronti di qualche dipendente. Non lo si sa. Forse c’è una mancanza a livello d’informazione? Probabile. Le racconto una storia che è kafkiana. La politica chiede il turnover nella macchina comunale. La segretaria Brunella Asfaldo fa la relazione sull’ufficio tecnico e la caccia all’ultimo momento, a insaputa della politica, che, da settembre, chiedeva di riorganizzare l’organigramma. La segretaria chiede di riorganizzare tutto il Comune. Le si domanda di intervenire settore per settore. Arriva il sovraordinato, e si blocca ancora, perché lui dice che deve prendere conoscenza della situazione. E quando arriva la riorganizzazione, partorisci il topolino, e tutto rimane così com’è».

Non avrebbe fatto meglio a dirottare le attenzioni lontano dalla sua persona?
«Non ho personalizzato le vicende. C’è una falsità che va smentita. Quando Cucco Petrone e Carlo Zara fanno ironia sulla mia presunta libertà d’accesso agli uffici comunali, dovrebbero sapere che non salgo in Comune dagli inizi di dicembre. A Carlo Zara ho risposto con una conferenza stampa e poi l’ho querelato. Sono andato a fare un faccia a faccia con lui perché ha diffuso una serie di falsità. Devi rispondere non tanto agli attacchi che vengono da fuori, ma a quelli da dentro, perché la verità è che Carlo Zara risponde alle logiche del fratello. A settembre, Fernando  Zara fa un comizio, con Enrico Lanaro e gli altri, contro l’amministrazione e scrive una cosa sui giornali contro di me, e lo fa perché chiede una cosa che non era programmata: un incarico ad Alba Nuova. Avvia, allora, una strategia, collegandola alla capacità del fratello di fare il finto pazzo. E Cecilia interpreta malissimo, dando spazio a Carlo. E io le ho detto più volte di non farlo».

Poi la rottura. Nasce tutto dal famoso messaggio di Michele Gioia?
«Il problema non è quello. La dignità delle persone viene prima della politica. C’è anche la vicenda di Adriana Esposito, ma nemmeno quella è costitutiva. Quando in una squadra viene contestato l’allenatore, i giocatori devono scegliere. E se stanno zitti…»

Quando è stato messo in discussione l’allenatore?
«Carlo Zara è stato valorizzato. I suoi rapporti all’interno di questa compagine amministrativa sono sempre stati forti. C’era l’obiettivo di levarmi di mezzo, tant’è che lui chiede che io sia depotenziato, ma io non faccio scelte: io coordino…».

Molte volte, però, anche lei propone delle cose…
«La politica è anche l’arte di persuadere. Sul piano politico, Carlo e Fernando Zara sono nulla. Utilizzano questo metodo, ma io non sono disposto a concedere prebende a chi urla di più».

Si riferisce al Carnevale?
«Carnevale è l’ultima cosa. Lì Gioia, che ha la “saràca” nella tasca, e quindi puzza, decide con Tozzi di dare dei soldi. Poi cercano di portare la maggioranza su quel punto. Ma dovrebbe essere la maggioranza a decidere, e gli assessori ad attuare. Tozzi e Gioia, però, avevano promesso 6mila euro all’organizzatore, che delle associazioni che dovevano fare il Carnevale non faceva manco parte. Il consiglio comunale non contesta il Carnevale, ma l’arbitrarietà della decisione sull’erogazione dei fondi. Dell’erogazione non mi interessa proprio. Sono i consiglieri a chiedermi di porre il problema…».

E perché a quel punto i consiglieri non parlano?
«Ora vedremo se parleranno o no. Ma ci sono altri episodi, il problema di Carnevale è marginale…».

Quali sono gli altri episodi?
«Ad esempio, al Piano di Zona. Ci fu prima una riunione di maggioranza che aveva segnato il da farsi, in cui i consiglieri avevano deciso tutti insieme di chiedere la rendicontazione delle spese e uscire dal Piano. Gioia va al coordinamento istituzionale, a Pontecagnano, con 10 consiglieri comunali, la sindaca e la capostaff, e dice di non essere d’accordo sull’uscita. I consiglieri rimangono spiazzati. La capostaff gli dice che non può comportarsi così, e lui le risponde di stare al suo posto. Due consiglieri dicono a Gioia che non può fare così, e lui chiede loro perché non l’abbiano smentito. Ma non possono smentire la sindaca in presenza di altri».

E poi?
«E poi, in una riunione, una consigliera denuncia un cerchio magico di dirigenti e assessori che gestisce le scelte politiche, e Gioia risponde che, ai tempi di Zara, i consiglieri non contavano nulla».

Nel documento consiliare si parla di assessori tecnici, e Gioia non lo è…
«Stefania Vecchio, Laura Toriello e Maria Catarozzo dicono di non capire nulla di politica e di affidarsi nelle loro scelte a Michele GIoia, che ha un’esperienza politica, e alla segretaria comunale, perché gode della fiducia della sindaca».

C’è qualcosa che si rimprovera?
«Nulla. Mi dispiace per Cecilia, perché le voglio un bene da matti. Lei pensa che il silenzio possa mettere d’accordo tutti, mi invita a non rispondere».

Il contrario del “vaffa” a Tozzi…
«Il giorno prima, Tozzi mi aveva chiamato dicendo che Michele Gioia era impazzito, e aggiunge che se la sarebbe vista lui. E il giorno dopo me lo ritrovo sul giornale a dare ragione a Gioia».

Qualcosa potrebbe farla ritornare?
«Continuerò, come sempre, a fare politica. Non ho bisogno di incarichi, perché quel ruolo serviva a loro. Visto che non serve più, nulla potrebbe farmi ritornare».

La sindaca e Gerardo Rosania le chiedono di rientrare…
«Se ti dico di tornare perché devi guidare l’autobus, ma ti dò solo lo sterzo, senza il motore, allora guida tu! Io volevo rispetto dei ruoli e delle regole. Io so il mio potere qual è. Una verità c’è, quando dicono “tu minacci sempre di andartene”: quello è il mio potere…».

Lei è stato l’ideologo di Etica. Ora si dimette dicendo di non poter convivere con la cultura della camorra. Il progetto Etica è fallito?
«Mi ritengo un visionario, sia negativamente, per chi mi crede un pezzo di m…, un pazzo che va appresso alle utopie, ma anche positivamente per chi pensa che, senza utopia, una società non cresca. Io mi sento in viaggio verso. Il progetto Etica? Sta lì, ma in questo momento mancano le gambe. Si sono fermati? Io spero che stiano pensando…»

10 marzo 2017 – © Riproduzione riservata
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