Asi: il piano di Antonio Visconti
Ai taccuini di Nero su Bianco il neopresidente parla della sua idea di Asi: una discussione che s’intreccia con il futuro economico di Battipaglia
Antonio Visconti è un commercialista battipagliese che è stato scelto per guidare uno degli enti più importanti per il rilancio dell’economia e dell’industria del Salernitano. È lui il nuovo presidente del Consorzio Asi (Area per lo sviluppo industriale), un ente pubblico di natura economica che da anni vive in bilico tra amore e odio i rapporti col Comune di Battipaglia, terra di grandi tradizioni industriali, ma pure di occasioni perse e di potenzialità ancora inespresse.
Siamo stati nello studio del presidente del Consorzio e con lui abbiamo intrattenuto una piacevole chiacchierata sul futuro dell’Asi e sulle prospettive dell’industria salernitana e battipagliese.
Il ruolo dell’Asi deve fare i conti coi tempi, deve mutare col passare degli anni. Cosa deve fare oggi di diverso rispetto al passato? «Quarant’anni fa, a Battipaglia, vedono una città e una ferrovia e allora gli imprenditori decidono di insediarsi. Se, però, come amministrazione comunale, in passato, non siamo stati in grado di ridisegnare la città alla luce delle nuove esigenze, il problema non è dell’Asi. La città cresce, l’area industriale rimane lì, ma i commercianti hanno bisogno di ampliarsi. Dove trovare gli spazi necessari? Il punto è che la classe dirigente non ha saputo rispondere a questa domanda. E allora meno male che c’è stata l’Asi, altrimenti lì ci sarebbe stata una speculazione edilizia spaventosa, mentre l’Asi ha fatto da baluardo. Il problema nasce nel momento in cui cambia il mercato edilizio: oggi non è più conveniente come un tempo investire negli immobili. Per questo l’Asi può tornare a pianificare lo sviluppo industriale. Deve essere un supporto per i comuni per far capire come le aree possano industrializzarsi. Occorre interrogarsi su dove consentire l’allocazione delle aziende in un determinato perimetro. Ciò va fatto seguendo due direttive: le esigenze logistiche e l’indotto. È importantissimo, perché pianificare è garantire la serenità del lavoro. Il problema principale è che la brama di suoli, in passato, ha deviato la natura dell’Asi».
Per esempio, in una città come Battipaglia, oggi cosa occorrerebbe fare? «L’area più rilevante è quella tra Eboli e Battipaglia, cinta dalla ferrovia, dalla statale, da ulteriori strade di collegamento: c’è tutto. Abbiamo venduto uno degli ultimi lotti rimasti in capo all’Asi a un’azienda di Cava che voleva a tutti i costi venire qui perché a Battipaglia avrebbe trovato una vera e propria filiera, che avrebbe consentito un potenziamento dell’azienda e anche una maggiore convenienza economica. L’Asi ha questo compito: dovrebbe istituzionalizzare le filiere e le reti, favorire i progetti e attrarre investimenti. Non solo a Battipaglia, ma in tutta la provincia».
Si può fare se i comuni fuggono? «In realtà oggi c’è un rinnovato interesse per l’Asi, che è vista come una vera e propria agenzia di sviluppo. D’altronde, il Consorzio, allo stato attuale, è meno contaminato da influenze politiche, visto che anche io sono un tecnico e non un politico. Oggi l’Asi è organizzata meglio».
Qual è la situazione attuale di Battipaglia?
«Allo stato attuale, è fuori dall’Asi».
Come mai, secondo lei, gli amministratori assunsero questa scelta? «Hanno voluto recedere perché hanno ritenuto che l’aspetto consortile sopprimesse la loro autonomia nell’individuazione delle aree nelle quali favorire l’industrializzazione. Eppure il Ptcp (Piano territoriale di coordinamento provinciale) predispone che le competenze siano in capo all’Asi. Forse è da questo che si dovrebbe ripartire. E il miglior alleato è la crisi».
Essere un consorzio è un problema? «Andiamo incontro a una ridefinizione dell’assetto consortile. Al momento ci sono dei soci che possiedono delle aree, e sono Salerno, Cava, Fisciano e i comuni del “cratere”, e poi ci sono i soci senza aree, come la Provincia, la Camera di Commercio e altri.
Al momento, ci sono dei problemi: non tutti gli enti hanno uno sportello Suap (Sportello unico per le attività produttive). Nel frattempo, le indicazioni che arrivano sono quelle che spingono per i Surap, gli sportelli unici regionali».
Cosa occorrerebbe fare per rilanciare i rapporti tra Asi e Comune? «L’Asi può essere l’attore qualificato di uno sviluppo industriale che deve riguardare anche l’area industriale di Battipaglia. È uno strumento che può favorire un’area che ha tutto. Invito l’amministrazione a preoccuparsi della pianificazione industriale, perché questa è l’area con le maggiori potenzialità di tutta la provincia».
Potenzialità inespresse in molti casi. Come mai? «Io credo che la problematica vada risolta dal punto di vista urbanistico».
Da presidente del Consorzio, potrebbe far chiarezza sulla vecchia vicenda relativa a una possibile delocalizzazione della fonderia Pisano a Battipaglia… «La fonderia Pisano non è venuta all’Asi, quindi non posso dirvi. Ad ogni modo, si tratta d’uno stabilmento che si occupa di siderurgia, e la siderurgia rientra nell’ambito merceologico industriale. Sono attività siderurgiche: l’Asi si occupa solo di verificare le compatibilità».
Potrebbe venire in città? «Non credo. Se avessero voluto, lo avrebbero già fatto…»