L’inquietudine del pediatra
Su uno degli ultimi numeri di Medico e Bambino, rivista di aggiornamento per noi pediatri, è comparso un editoriale dal titolo “L’inquietudine del pediatra”. L’autore, il prof. A. Ventura di Trieste, scrive che nel corso degli anni gli ambulatori pediatrici si sono sempre più affollati di bambini con problematiche di ordine neuropsichiatrico, comportamentale e relazionale. Tale fenomeno procurerebbe in noi pediatri “inquietudine” in quanto formati professionalmente più per curare il corpo che la mente dei bambini.
È stata proprio quest’inquietudine che, già nel maggio del 2005, portò la nostra associazione di pediatri di famiglia battipagliesi ad organizzare un convegno su uno specifico disturbo mentale dell’infanzia: la sindrome ADHD (il bambino con deficit d’attenzione ed iperattività). Nei sei mesi precedenti al convegno una rilevazione condotta nei nostri studi rilevò un dato grezzo del 12,8% di frequenza della suddetta sindrome, molto più alto dell’atteso. Nel 2005 è stata valutata solo la sindrome ADHD ma le disabilità ed i disturbi dello sviluppo dell’età evolutiva sono i più vari e sempre più in aumento tanto da far parlare di vera e propria emergenza. In Emilia Romagna, una delle poche regioni dove esiste un sistema Informativo specifico sui servizi di Neuropsichiatria infantile, dal 2010 al 2014 il numero di bambini visitati è aumentato del 33%. Le diagnosi di disturbo dell’apprendimento sono aumentate del 31%, quelle di disturbo del linguaggio addirittura del 90%! I bambini con disturbi d’ansia sono aumentati del 34%, quelli con disturbi di condotta del 30%. Dati nazionali attestano un aumento annuo di richieste di consulenze neuropsichiatriche infantili pari a circa 7-8%: un trend costante, che negli ultimi 5 anni ha portato a un aumento dell’utenza del 40-45%.
Ma che sta succedendo ai nostri bambini? Veramente l’infanzia è un’età felice? Visti i numeri e la realtà nella quale operiamo sembrerebbe proprio di no.
È palese che un bambino per crescere in modo armonico deve vivere in un contesto armonico. Può un bambino crescere equilibrato quando la sua vita interiore si nutre di crisi di coppia, di angoscia per i genitori senza lavoro, di relazioni personali non autentiche, di individualismo, dei mass media che esaltano l’immagine e il successo facile, dell’assenza del confine tra il bene ed il male, della mancanza di rispetto dell’altro? Nel suo processo di crescita può un bambino conquistare il vero significato dell’esistenza e della vita trascorrendo ore davanti ad un gioco digitale oppure ricevendo solo beni materiali senza sperimentare emozioni autentiche?
Quello che vediamo nei bambini è l’immagine riflessa della disgregazione relazionale alla quale noi tutti probabilmente partecipiamo. L’editoriale ha comunque suscitato tra noi pediatri una vivace discussione. Diversi colleghi hanno raccontato le loro esperienze per rendere più appropriata alle nuove esigenze la loro attività lavorativa. Un collega nel suo lavoro quotidiano si fa affiancare, a turno, da due psicologi, un altro organizza nel suo studio incontri mensili con genitori di bambini aventi problematiche analoghe. Certo sarebbe molto meglio impegnarci tutti nel ricostruire una società più vivibile ma visto l’incremento dei disturbi comportamentali qualcosa di immediato bisogna pur fare: occorrono serie politiche di rafforzamento dei servizi distrettuali dell’ASL. Si parla solamente, e da troppo tempo, dell’attuazione di una rete che preveda pediatri, neuropsichiatri, psicologi, scuola e servizi sociali a supporto del bambino e della sua famiglia. Credo sia arrivato il momento che il tutto diventi finalmente realtà.