Riflessioni su un sabato nostrano
[di Daiberto Petrone]
È un sabato come tanti, ma ha una peculiarità: sono appena finite le scuole, il traffico è diminuito ed io comincio ad avere meno impegni, per cui mi accingo alle solite incombenze di un giorno prefestivo con maggiore calma. Osservo gli altri guidatori, i quali, intenti alle loro conversazioni telefoniche, o addirittura a messaggi da inviare e leggere, non si curano molto di me e degli altri malcapitati utenti della strada, specialmente se pedoni o ciclisti.
Questa categoria di automobilisti, molto diffusa e in continua crescita, sempre in frenetica attività, costituisce ormai una costante del traffico nostrano. Le manovre dei “telefonatori compulsivi” seguono il tono della conversazione: se è in corso un litigio, la loro condotta si adegua agli scatti d’ira ed alle reazioni incontrollate; se, invece, hanno in corso una piacevole conversazione, si adeguano al punto da determinare un serio imbarazzo in chi li segue, attento a non interrompere l’idillio telefonico.
Desisto dall’osservazione degli automobilisti nostrani che, invero, comincia a far crescere la mia ormai irreversibile insofferenza e mi dedico al panorama. Le cose non vanno meglio. Percorrendo la zona industriale osservo quella specie di carrozza di un moderno treno veloce che, poggiata su solidi pilastri, è entrata a far parte dello skyline nostrano accanto ad altre celebri incompiute, con l’aggravante di un’inaugurazione in pompa magna.
Questa visione non contribuisce certo a rasserenarmi, come non mi rasserenano i marciapiedi impraticabili per la rigogliosa vegetazione o invasi dalle necessità quotidiane dei nostri amici a quattro zampe, inconsapevoli imbrattatori di spazi pubblici e vittime dei loro padroni a due zampe, i cosiddetti “cittadini”; ma cosa c’entri la civitas con queste persone non l’ho mai capito.
Con l’umore al minimo sindacale decido di rientrare a casa e dedicarmi alla lettura che, buona o mediocre, è sempre meglio che girare per la città.