Bilancio amaro
«Il bilancio non rappresenta in modo veritiero e corretto la reale consistenza economica, patrimoniale e finanziaria». Il parere sfavorevole dei revisori dei conti raggela Cecilia Francese. A Palazzo di Città, l’anno si chiude col botto: in 23 pagine i revisori Paola Giardino, Adele Aliperta e Giuseppe Taglialatela spiegano i motivi che li inducono a esprimere «parere non favorevole all’approvazione del bilancio consolidato 2016 del gruppo amministrazione pubblica del Comune». E c’è pure un avvertimento: «Quanto evidenziato formerà oggetto della relazione semestrale alla Corte dei Conti», scrivono i tre. L’Organo parla di «discrasie contabili», e vuol vederci chiaro su alcune partite riguardanti il Comune e le partecipate. Il dirigente Giuseppe Ragone riconosce la legittimità di alcuni «rilievi condivisibili», emendando il documento, ma ribatte punto su punto e chiarisce che si tratta di «meri errori materiali e non di errate valutazioni». E conclude: «Il consolidato è assolutamente attendibile, conforme alla legge e ai principi, redatto in conformità alla tassonomia ministeriale e rappresenta la reale consistenza economica, patrimoniale e finanziaria». La Francese minimizza la votazione sul bilancio e coi suoi fedelissimi decide d’andare comunque in aula, ma lunedì 18 arriva la mazzata dei pattisti: in 14 tra consiglieri d’opposizione e dissidenti disertano la prima convocazione. Gli 8 della fronda sono in municipio, ma non entrano nel parlamentino. La Francese, che non gode più del consenso della maggioranza assoluta, s’infuria e tira in ballo un documento: «Avevano garantito il numero legale», urla. E racconta il suo incontro di domenica con il presidente del consiglio Franco Falcone e il leader dei pattisti Roberto Cappuccio: «Abbiamo elaborato un documento decidendo che, se i pattisti avessero mantenuto il numero legale stasera, il giorno dopo il consiglio sarebbe partita la verifica sull’operato della giunta; Cappuccio era d’accordo, ma la mattina successiva hanno cambiato idea». L’ingegnere ribatte: «Non ho firmato niente; quel documento gli altri lo hanno respinto». E lancia un ultimatum alla sindaca: Auspichiamo che il consiglio di mercoledì sia rinviato e che si apra un tavolo di confronto con le forze che ci hanno fatto vincere le elezioni». Ma la Francese avverte: «Se ci mandano a casa, con un commissario saremo sommersi dai rifiuti». Il leader dell’opposizione Gerardo Motta, che nel lunedì infuocato incontra il capogruppo di Con Cecilia Pino Bovi, propone un governo di salute pubblica, ma l’endocrinologa seccamente replica: «Non cercherò sostegno altrove».
Intanto a Palazzo si prova a fare cassa: ci sono voluti 8 anni, ma alla fine il Palazzetto Bruno Zauli, la struttura sportiva di via don Minzoni, è stato venduto alla Polisportiva Battipagliese, la PB63. L’importo è di 917mila euro: la società presieduta da Giancarlo Rossini, che aveva già versato 178mila euro come deposito cauzionale, s’è impegnata a sborsare altri 560mila euro entro 15 giorni dalla stipula. La PB tirerà fuori altri 180mila euro in 20 rate da poco più di 9mila euro l’una a partire dal 30 ottobre 2018. E c’è voluto il tempo d’una gravidanza per indire la prima gara per la vendita dei beni da alienare. Tre immobili comunali che, stando agli indirizzi della delibera consiliare dello scorso 28 marzo, l’amministrazione avrebbe dovuto provare a vendere nel 2017. E invece l’avviso viene pubblicato alla fine dell’anno. Un avviso d’asta pubblica da 2,1 milioni di euro: gli interessati dovranno mettere sul piatto almeno 1,58 milioni di euro per accaparrarsi l’ex macello comunale, che vale più del PalaZauli; per i possedimenti olevanesi dell’ex sorgente Festola si parte da un’offerta minima di 309mila euro; i terreni ex Ersac di via Gonzaga valgono almeno 324mila euro.