Le lingue vive
[di Romano Carabotta]
Studiare, o soltanto conoscere il latino ed il greco, oggi, non serve a niente. Anzi, uccide.
Innanzitutto perché sono lingue morte, marce, anche sepolte: sono lingue tanto lontane da noi che l’italiano è la loro diretta evoluzione; così vecchie che una è la lingua ufficiale della Chiesa, l’altra, anche se con qualche differenza, è parlata nell’attuale Repubblica Ellenica; così estranee che molte parole italiane sono, in realtà, proprio greche o latine.
Poi perché, in un’epoca in cui tutto scorre in una frazione di secondo, in cui tutto sfuma e poco, quasi niente, rimane, in cui tutto è basato sulla quantità del tempo, è inutile riscoprirne la qualità: con l’aoristo si impara anche questo. Non serve saper ancora desiderare (l’ottativo ha questa funzione), né chiedersi il perché delle cose: Omero ed Esiodo, nelle loro banali opere, tanto banali da aver dato la spinta necessaria all’evoluzione dell’intero Occidente, fanno anche questo.
Poi, ancora, perché il latino ed il greco insegnano ed allenano a pensare; anche pensare, essere critici, consapevoli, “svegli e non dormienti”, concetto per la prima volta espresso da Eraclito (che, povero, era proprio Greco), è insopportabile.
Queste lingue, poi, educano alla bellezza, quella più vera e profonda, all’armonia, all’ordine, all’organizzazione del pensiero, alla misura: e ai nostri giorni, in cui la misura non paga, in cui il bello è punito, l’ordine condannato, l’organizzazione del pensiero non serve.
Infine, conoscere il latino ed il greco non serve neppure per avere un lavoro, né per conquistare un vitalizio (basta qualche voto, meglio se comprato), né per entrare in Tv (qualche raccomandazione basta e avanza), che sono gli unici modi per poter condurre una vita economicamente dignitosa.
Oggi vanno avanti solo i furbi, i ladri, gli youtuber, gli ignoranti, i venduti, gli incapaci, gli alternativi.
Tutti, ma non i colti. E poiché il latino ed il greco, inevitabilmente, profondono cultura, non solo non servono, ma sono un peso: conviene di gran lunga starne alla larga.