A pranzo fuori

[di Francesco Bonito]

Dopo un’interminabile clausura i ristoranti possono riaprire e far accomodare i clienti, ma solo fuori, all’esterno, en plein air. I ristoratori, insieme al mondo dello spettacolo, sono quelli che hanno pagato il conto più salato durante questa pandemia. Sopportare mesi senza incassi, continuando a pagare mutui e affitti elevati, ha messo a durissima prova l’intero settore. Tenere chiusi al pubblico i ristoranti è stata una scelta dolorosa ma obbligata. Il Covid-19 si trasmette prevalentemente attraverso l’aerosol emesso respirando e parlando, ne consegue che i locali al chiuso – dove decine di persone si trattengono a lungo senza la mascherina – sono luoghi a elevato rischio di contagio. Si doveva però risarcire gli imprenditori, garantendo non tanto dei mini ristori una tantum, quanto il rimborso totale o parziale dei costi fissi. Se non si è fatto è perché non ci sono soldi sufficienti, non credo per l’incapacità di chi governa. La prima causa è necessaria e sufficiente.

Oggi, forse un po’ prima di quando sarebbe stato sicuro e opportuno – ma le tensioni sociali hanno raggiunto il pericoloso livello di guardia – il governo dà luce verde ai ristoranti. Per far sì che questo via libera non faccia risalire di nuovo la curva dei contagi, occorre agire collettivamente con responsabilità. L’avverbio pesa di più del sostantivo: se non torneremo a pensare e ad agire come una collettività rischiamo di pagarla cara. Se, clienti e ristoratori, credendosi invulnerabili o in diritto di piegare le norme a proprio uso e consumo, non rispetteranno le prescrizioni, si rischia di prolungare drammaticamente la stremante lotta contro il virus. Non si è furbi a violare le norme, si è solo fessi ed egoisti. 

Sarebbero servite più informazioni, più educazione al contenimento del contagio e meno regolette minuziose, irritanti, buone a risvegliare l’indole menefreghista e anarcoide dell’italiano medio. Se la televisione, pubblica e commerciale, invece di proporre tutte le sere risse verbali tra “aperturisti” e “rigoristi”, avesse diffuso la corretta informazione su come evitare la diffusione del contagio, oggi avremmo più cittadini persuasi e collaboranti e meno individui renitenti da contravvenzionare.

C’è un’altra cosa importante che possiamo fare per dimostrare di essere parte virtuosa di una comunità: andare a pranzo fuori. Un modo per aiutare chi ha patito più degli altri la cosiddetta pandemia economica, una scelta concretamente solidale verso chi è in difficoltà. L’invito è rivolto soprattutto a chi non ha visto ridimensionato il proprio reddito mensile. Penso ai lavoratori dipendenti, quelli che hanno sofferto psicologicamente ma non economicamente. Immagino che comprendano le difficoltà degli “altri”, quelli che hanno costi e ricavi, quelli che non aspettano con gioia il 27 del mese. Sarebbe bello se chi può andasse a pranzo fuori un po’ più spesso del solito. Chi lo farà, anche se a debita distanza, si troverà davvero vicino a chi oggi ricomincia.

30 aprile 2021 – © riproduzione riservata

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