Antimafia, ma non troppo

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Nei giorni scorsi, in città, s’è ampiamente diffusa la notizia relativa ai controlli che, in prossimità delle amministrative, la Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi, applicherà sulle liste elettorali e sui candidati sindaci in alcuni comuni italiani.
Si tratta di municipi i cui consigli comunali sono stati sciolti per mafia, o comunque di realtà che, negli ultimi tempi, hanno ospitato delle commissioni di accesso, o di città che sono finite nel mirino degli inquirenti per via di sospette vicende amministrative.
Una decina di comuni, tra cui Roma, l’emiliana Brescello, le calabresi Platì, Scalea, Ricadi e San Luca. E, ovviamente, Battipaglia.
Nella nota diffusa dai parlamentari timonati dalla Bindi, si parla della necessità di fare una valutazione complessiva che «vada anche oltre i requisiti previsti dal codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione antimafia».
In altre parole, la commissione parlamentare passerà al setaccio pure i nomi dei battipagliesi che aspirano alla fascia tricolore e di quelli che sperano di riuscire a strappare uno scranno in consiglio comunale. La Bindi e i suoi, insomma, avranno un bel po’ da fare. Serenamente, però: da tutti i pretendenti, infatti, s’è levato all’unisono un coro di “ben venga”.
E c’è chi veste i panni di novella Cassandra e profetizza che l’operato della commissione cambierà completamente le carte in tavola: “quanti candidati saranno fatti fuori!”, affermano molti battipagliesi.
La realtà, tuttavia, è differente, e in Campania, più che in altri territori italiani, lo si dovrebbe già sapere. Poco meno d’un anno fa, infatti, all’immediata vigilia delle elezioni regionali, s’è fatto un gran parlare di impresentabili. Ebbene, gli impresentabili, che, tra l’altro, furono dichiarati tali nell’ultimo giorno di campagna elettorale, non sono di certo stati eliminati dalle liste, né tantomeno il metro di giudizio della Commissione antimafia pare aver inficiato sul giudizio dei votanti, dal momento che, almeno in Campania, è diventato governatore proprio il più noto tra di essi, che ha pure presentato una querela, poi archiviata, all’indirizzo della presidente della bicamerale.
Quando dalla Prefettura di Salerno le liste elettorali preparate all’ombra del Castelluccio arriveranno sulla scrivania della Bindi, i parlamentari della commissione non potranno operare con le forbici, perché, a dirla tutta, non hanno neppure la possibilità di farlo. Utilizzeranno, piuttosto, un evidenziatore.
I parlamentari esamineranno e poi redigeranno una relazione di valutazione. Eppure, non si sa quando il documento sarà pronto, per cui, come già accaduto lo scorso anno, il verdetto della Bindi potrebbe arrivare pure a due giorni dalla chiamata alle urne. E non sarà un verdetto giudiziario.
A quel punto, starà agli eventuali impresentabili decidere se continuare o meno la battaglia elettorale. Agli elettori l’ardua sentenza di votare o non votare per loro.
Il fatto che la commissione vigilerà sulle liste battipagliesi è un bene. I controlli non fanno mai male. La lente d’ingrandimento su Battipaglia e gli altri comuni, però, testimonia pure la debolezza dello Stato. A giugno si voterà in circa 1.400 comuni, e saranno circa 150mila i candidati. La commissione deve vigilare, ma s’arrende di fronte agli esorbitanti numeri: la Bindi e i suoi parlano di mancanza dei tempi tecnici necessari a passare al setaccio tutte le realtà. A Battipaglia, e in una decina di comuni italiani, si controllerà; altrove no. Tra quei 1.390 comuni, allora, nessuno sarà sciolto per infiltrazioni mafiose? Prevenire è meglio che curare solo laddove ci si è beccati una malattia? La mafia la si può davvero combattere così?
In un Paese antimafia, sì, ma non troppo. E a volte nemmeno abbastanza.

22 aprile 2016 – © Riproduzione riservata
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