Attacchi di panico

“Mi sento morire… mi manca l’aria… il cuore batte forte… ho paura di perdere il controllo… chi non l’ha provato non può capire quanto si soffra”.
L’attacco di panico è fondamentalmente la paura di aver paura, la paura di morire, la paura di impazzire. Spesso l’attacco di panico si manifesta quando il paziente si sente costretto in una certa situazione come un mezzo di trasporto, l’aereo, la macchina, o situazioni che sembrano costringere in una posizione senza via di uscita come il cinema, un ingorgo o, al contrario, in ambienti aperti in cui ci si sente persi e senza punti di riferimento.
Il paziente tende ad associazione l’attacco di panico con l’ambiente in cui questo si è manifesto. Infatti, evitando il luogo o la situazione in cui si è sentito male, egli cerca di controllare e di allontanare la paura della paura: “se evito di guidare, non mi accadrà nulla, se non andrò al cinema non proverò ansia”. È lo stesso meccanismo della superstizione quando si attribuisce ad un numero, ad una certa circostanza, ad un colore, un’influenza negativa. Inizialmente, sembra funzionare in quanto la persona vive l’illusione di poter controllare il problema evitando alcune isolate situazioni. Purtroppo l’iniziale sollievo ha breve durata, infatti, progressivamente aumentano le situazioni “pericolose” fino  a limitare in maniera significativa la vita della persona che può, in alcuni casi, giungere a chiudersi in casa per evitare incontri sociali. Tutto diventa difficile, anche le azioni più semplici come recarsi al lavoro, incontrare gli amici, fare una passeggiata. Tutto è vissuto con grande fatica ed angoscia rovinando il piacere di vivere la quotidianità. Il paziente partecipa ad una riunione di lavoro o guarda un film ma in realtà è immerso in un proprio mondo parallelo che solo lui conosce in cui si ripete mentalmente una serie di pensieri negativi del tipo: “mi sento male, ho paura, mi scoppia il cuore, mi verrà un infarto, appena termina il film tornerò subito a casa, dov’è l’ospedale più vicino, chi mi può aiutare”.
Apparentemente la persona in preda a questo tipo di angoscia, partecipa alla situazione che sta vivendo ma in realtà è separato dall’esterno da un vetro trasparente su cui scivolano le emozioni e le sensazioni come gocce d’acqua su una superficie impermeabile. Egli non ascolta nulla, non gli arriva il calore o la vivacità dell’ambiente esterno, è solo, completamente isolato, anche se circondato da persone che provano affetto verso di lui ma non lo può percepire in quanto saturo dei suoi pensieri negativi. La persona in preda a questa angoscia senza nome appare come attanagliata da potenti artigli alla gola e si sente morire, impazzire, andare in pezzi. È una sensazione tremenda ma anche innocua, è proprio questo il paradosso, non c’è nessun pericolo il paziente non morirà non ci sono pericoli per la salute o per l’incolumità della persona, eppure questa soffre atrocemente come mai nella sua vita.

16 settembre 2016 – © Riproduzione riservata
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