Battipaglia divisa sul referendum
Alla vigilia del voto riportiamo le dichiarazioni di sei autorevoli politici battipagliesi: parlano Napoli, Landolfi, Inverso, Provenza, Petrone e Nobile
«Anche il fronte del sì ha un leader». Parla così l’onorevole Roberto Napoli, già senatore e ora coordinatore del comitato Battipaglia per il sì. «Da senatore, nel 2001, votai la riforma di D’Alema: stavolta, votando sì, correggiamo alcuni errori che facemmo quella volta trasferendo alle regioni dei poteri in fatto di energia, sicurezza sul lavoro e previdenza sociale, oltre alle competenze sulla sanità e sulla scuola. Se vince il sì, tra le altre cose, saranno solo i deputati a ricevere lo stipendio, si eliminerà un ente inutile come il Cnel, costato un miliardo in 70 anni, e poi il Parlamento sarà obbligato a discutere le proposte di legge popolari. Se vince il sì, l’Italia cambia».
A favore della riforma Renzi-Boschi, c’è anche il segretario provinciale del Pd, Nicola Landolfi. «I battipagliesi devono votare sì perché bisogna completare il percorso delle riforme che può dare finalmente all’Italia la fisionomia di un paese moderno, semplificando l’iter di approvazione delle leggi, accorciando le distanze tra regioni più ricche e regioni più povere ed eliminando definitivamente costi superflui con 220 parlamentari in meno, con l’abolizione definitiva delle province e del Cnel, con il risparmio, nei prossimi anni, di diversi miliardi di euro che potranno essere investiti nello studio e nella ricerca».
Dello stesso avviso anche Vincenzo Inverso, coordinatore provinciale dei Centristi per il sì: «Si tratta di un’occasione ghiotta per cambiare davvero. Anche chi immagina di dire no, non fa un danno a Renzi, ma al Paese e alle nuove generazioni. Il no condanna questo Paese all’immobilismo, e chi immagina di votare no per punire la politica, al contrario, favorisce quelli che da sempre sono in Parlamento, perché continueranno ad esserci 1100 posti da occupare».
Sulla carta più ampio il fronte del no. A schierarsi contro la riforma costituzionale c’è la destra, timonata da Forza Italia. L’assessore forzista Giuseppe Provenza parla così: «Con la riforma il Senato non scompare, ma ci viene impedito di scegliere i rappresentanti; non si semplifica, anzi si complica la funzione legislativa, generando una serie di conflitti di competenze tra Stato e regioni e tra Camera e nuovo Senato; non si risparmierà nulla, perché il teorico 20% in meno, rapportato ai conflitti generati, è un risparmio fittizio, ovvero una perdita; infine Renzi ha legato il referendum alla propria persona, e con un semplice no manderemo a casa un presidente del consiglio non eletto».
Voterà no anche la sinistra radicale, di cui è un valido rappresentante l’ex consigliere regionale comunista Raffaele Cucco Petrone. «La principale ragione per cui i battipagliesi dovrebbero votare no è che la riforma è scritta malissimo. I conflitti sui contrasti in materia del bicameralismo paritario andranno discussi dai presidenti di Camera e Senato in seduta congiunta, e se non si metteranno d’accordo dovrà intervenire la corte costituzionale: è assurdo. E poi si dice in giro che c’è il ping-pong tra Camera e Senato, ma le leggi vanno avanti e indietro quando non c’è la volontà politica di approvare la norma, e dunque accadrà anche con una sola camera. In Italia si fa una legge ogni cinque giorni, dunque il problema non è nei tempi, ma nella qualità delle leggi. E poi c’è l’immunità ai sindaci e ai consiglieri regionali: io sono favorevole all’immunità parlamentare, ma quando la conferisci a persone che amministrano del denaro, è pericoloso».
Si stanno impegnando anche gli attivisti del Comitato per il no. Uno dei rappresentanti, il battipagliese Giuseppe Nobile, parla così ai nostri taccuini: «Più che una riforma costituzionale, è una riscrittura, che andrebbe discussa in maniera approfondita, e che modifica l’architettura dello Stato danneggiando i territori e svilendoli. C’è un riaccentramento di tante competenze che prima erano regionali o territoriali. Se vorranno fare un pozzo petrolifero sotto casa nostra, nessuno si potrà opporre, perché il potere dello Stato potrà subentrare a quello dei territori».