Benaltristi di strada

[di Ernesto Giacomino]

M’immagino se qua da noi, ogni tanto, le proposte o le lagnanze si potessero esternare a voce a un ufficio preposto, comodi e con un tot di tempo a disposizione, anziché inoltrarle con questo meccanismo freddo e asettico del protocollo. Come dire: umanità contro burocrazia, dialogo contro automatismi. Convivialità contro formalità.

Tipo che ecco, ti presenti dal funzionario addetto, dici “ehm, sarei qui per protestare contro la carenza d’illuminaz…”, e lui che t’interrompe subito, sfoglia un’agenda, fa un sorrisino complice e risponde: “certamente, il novantesimo compleanno di mamma’, come no, possiamo presenziare tranquillamente. Con o senza selfie per i social?”. Allora pensi d’esserti spiegato male, o che magari l’argomento per qualche motivo è fuori dalla sua competenza ma ha remore ad ammetterlo, per cui lo incalzi con altro: “ok, fa niente, passiamo al secondo problema, sono anni che ci promettete una diffusione capillare della videosorveglian…”, e qua lo vedi proprio annuire forte, quasi in preda all’estasi, tipo che si mette in piedi e comincia a passeggiare leggiadro per la stanza dicendo “capita nel posto giusto, per gli anniversari delle associazioni abbiamo il pacchetto completo, post con breve storia dalla costituzione a oggi, biografia dei fondatori, brindisi con la sindaca e lettura integrale dello statuto”. Ché a quel punto ormai sei totalmente fuori fase, pensi a uno scherzo, mandi lo sguardo in giro a stanare la videocamera nascosta della candid camera. Per cui: “scusi”, gli fai, “io sto qua a parlare di problemi concreti, che ci azzeccano cerimonie e festeggiamenti?”, ed è tipo averlo ferito a morte, ti guarda proprio con la faccia delusa dell’artista incompreso, fa una smorfia addolorata: “Problemi? Questi sarebbero problemi? La viabilità, la sicurezza, il decoro urbano, la qualità dell’aria? Ma queste tutt’al più sono appendici, apostrofi rosa tra la parola t’onzo. I veri problemi sono altri: i cantanti locali che senza di noi non si filerebbe nessuno, l’encomio solenne alla trippa al sugo del ristorante più antico della città, le lodi istituzionali al figlio dell’avvocato arrivato alle semifinali rionali di acchiapparella”. Me l’immagino fermarsi, poi; aprire un cassetto, tirare fuori un groviglio di targhette colorate tipo mazzetta da imbianchino, dire: “ecco, vede queste? Belle, vero? Ne prenda una, la regali a chi vuole. Sono cittadinanze onorarie, stanno andando alla grande. Per dire: ne abbiamo appena data una a Scipione l’Africano, e un’altra a Trapanarella cu ‘o trapanaturo trapana ‘a notte e ‘o juorne pure. Ah: una pure a Frida Kalo, che è un articolo che tira sempre”.

E là, non lo ammetteresti mai, ma sotto sotto ha cominciato a convincerti. Perché in fondo a che servono efficienza e vivibilità cittadina, se poi il Comune non presenzia al diploma di aiuto barbiere del nipote di tuo cugino. Ti dici allora che ci penserai, ti congedi da quel funzionario accennando al grattino del parcheggio prossimo a scadere; e fai giusto in tempo a sentirlo mentre ti rassicura: “tranquillo, non si precipiti, abbiamo dislocato tutti i vigili al bivio dell’Aversana. Ché non ha idea, lei, di quante bici di marocchini girino col battistrada sotto il minimo legale”.

6 maggio 2023 – © riproduzione riservata

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