Corso forzoso
[di Ernesto Giacomino]
Di questi tempi la politica è come il calcio d’estate, non si va più per obiettivi e risultati ma dirigenza e allenatore li si giudica in base alla campagna acquisti in atto e alle amichevoli con le squadre parrocchiali.
Tolto, quindi, il grosso degli argomenti topici, gli evergreen di sempre, si danno un po’ di ferie anche alle polemiche e alle contestazioni classiche per spostarsi su dimensioni più rustiche e goliardiche: il palo della luce storto, la buca in strada, i climatizzatori nel municipio.
E, new entry da quest’anno, l’isola pedonale di via Matteotti.
Che poi dai, va detto: un po’ ve le cercate. Io passeggio dove ci sono negozi, bar, tavolini all’aperto. Dove magari spero d’incontrarci un amico, un conoscente, una comitiva, gente con cui scambiare due chiacchiere. Che scopo avrebbe farlo in trenta metri di un strada secondaria – per quanto adiacente la piazza principale della città – in cui l’unica attrazione sono le saracinesche chiuse delle Poste e il bazar a ruote di un ambulante? Nel senso: non contesto la scelta, contesto il fatto che vi meravigliate che non abbia funzionato. Che nella comunicazione istituzionale di revoca del provvedimento si legga una sottile venatura di rammarico, tipo “s’era fatto per questo e quest’altro motivo, spiace non l’abbiate capito”.
Quindi tentativo attuato, risultato non ottenuto, dietrofront giustificato. Amici come prima, no? Cioè, il contenitore della questione avrebbe dovuto essere della piccolezza che meritano i pettegolezzi fra comari. E però, macché: per la legge del pelo che diventa trave la famosa farfalla che ha sbattuto le ali in Brasile ha provocato un tornado a Battipaglia.
Qualche battutina in internet, niente di che. Un po’ di sarcasmo pour parler, che però la fazione dei “pro” ha scambiato per derisione gratuita e non ha digerito. File di favorevoli che, come spesso accade, in poco tempo si sono ingrossate a dismisura reclutando involontariamente moralizzatori, polemisti professionisti, fanatici, integralisti, tifosi, che l’hanno messa sul filosofico, sull’attacco alle spalle, sul campanilismo estremo: eh no, e qua non vi sta mai bene niente, le vostre non sono critiche ma disprezzo della città, e vieni a dirmelo a quattr’occhi che l’isola pedonale non ti piace. Ficcandoci dentro, naturalmente, anche qualche storiella sui migranti, sui giovani che non hanno più valori e non esistono più le mezze stagioni. Dall’altro lato, come c’era da aspettarsi, identico e speculare affollamento: da pochi intelligenti capaci di fissare il confine tra sfottò e irriverenza s’è passati a un’orda seriosa di contrari, di controllori di soldi pubblici, di dietrologi che dietro l’operazione ci hanno visto occulte mire politiche, favori al commerciante influente, attentati alla salute pubblica per l’intensificarsi del traffico in zona.
Totale, insomma: una questione di portata condominiale assurta, in pochi giorni, a tema centrale e portante del dibattito sul futuro della città. Un imprescindibile elemento di sviluppo o regressione, ah sì: come se fabbriche e negozi chiusi, disoccupazione galoppante, disagio sociale, servizi e infrastrutture inefficienti fossero tutti lì. In quei trenta metri – chiusi, aperti o a mezzo servizio – di asfalto rappezzato.
8 agosto 2020 – © Riproduzione riservata