Cosa vuoi fare da grande?

[di Daniela Landi – psicologa]

A tanti di noi sarà capitato di sentire la fatidica domanda rivolta a un bambino: “Cosa vuoi fare da grande?” e, a volte, ascoltare la sua risposta che afferma: “Farò il commercialista!” (o il notaio, la veterinaria, etc…). Poco importa quale sia la risposta, il punto su cui riflettere è come sia possibile che il bambino conosca e scelga quella professione. Molto probabilmente, ci sarà un genitore, o un caregiver, che avrà parlato al bambino di quel lavoro, instillandogli quella aspettativa.

I discorsi che i bambini ascoltano vengono da loro introiettati e li influenzano a livello cognitivo ed emotivo con il rischio di fare delle scelte per compiacere le aspettative dei genitori, senza imparare a conoscersi e ascoltare le proprie esigenze uniche e individuali.    

Molti genitori tendono a enfatizzare alcune qualità dei figli e a reprimere quegli aspetti che ritengono, dalla loro prospettiva, non meritevoli; sembra che abbiano quasi l’obiettivo di modellarli. Qual è il meccanismo che può portare questi genitori a condizionare i propri, amatissimi, figli? Si potrebbe trattare di una proiezione dell’Io ideale dei genitori che considerano i figli come una versione migliorata di se stessi. I figli vengono incaricati di fare ammenda delle frustrazioni e dei rimpianti dei genitori oppure di rappresentare la migliore versione possibile di loro stessi.

In questi casi di proiezione inconsapevole del narcisismo del genitore, le interazioni tra genitori e figli si basano su dinamiche prestabilite, per cui invece di conoscere le necessità del bambino, vengono date per scontate quelle scelte considerate giuste, con la conseguenza di causare lo sviluppo di una personalità fittizia. Con la crescita e la fase adolescenziale, potrebbe accadere che quelle aspettative genitoriali, che sembravano accettate e interpretate dal bambino, possono essere rifiutate, in quanto non corrispondenti al loro emergente senso di identità, e scatenare rabbia, ribellione e sancire l’assenza di un rapporto con i genitori, dai quali non si sentono riconosciuti e rispettati.

In psicoterapia, molto spesso questi adolescenti lamentano di non sentirsi visti e ascoltati, per cui, anche attraverso delle sessioni di incontri con la famiglia, si cerca di recuperare una sintonizzazione, dando l’opportunità di dichiararsi reciprocamente i rispettivi bisogni. È importante che i genitori stimolino i figli, sin da quando sono bambini, a esprimersi; così possono conoscere le loro aspirazioni, le tendenze, le difficoltà, i sogni. In questo modo si rende possibile sviluppare un contatto relazionale che contribuisce allo sviluppo del proprio Io del bambino.

Come scrive Massimo Recalcati nel libro Ritratti del desiderio, il genitore può avere un desiderio per il figlio, ma che sia il desiderio di riconoscimento dell’Altro. I genitori, nel confrontarsi con la loro ferita narcisistica, possono riuscire ad accettare che il figlio non rispecchi le loro proiezioni e riconoscerlo, attraverso l’incontro e l’ascolto, nella sua, propria, singolarità.

17 giugno 2023 – © riproduzione riservata

Facebooktwittermail