Crack, si gira

[di Ernesto Giacomino]

Allora, diciamo che dopo un po’ che pure a Battipaglia ha preso piede quest’opinabile tendenza, mi va d’offrirmi volontario per dare una sorta di coso, là, come si dice, feedback. E, secondo me, ne esce fuori che talvolta funziona, come no: ma molto più spesso sfiora gli estremi per un consulto da uno bravo.

I reel, voglio dire. Avete presente, no? Quei video cortissimi che girano sui social, in cui si fa un po’ di tutto: parodie di scene famose di film, playback di canzoni, inviti di massa a Roccaraso. E, ultimamente, pure pubblicità di attività commerciali: chiassose, bizzarre, atipiche. Imbarazzanti, in verità.

Fino a qualche tempo fa il fenomeno era circoscritto ad alcuni esercizi più o meno noti della regione, con un target geografico di clientela abbastanza esteso da suggerire l’opportunità, per i titolari, di farsi conoscere “di persona” anche dall’utenza più lontana. E quindi ti passavano sott’occhio questi video dove il tizio fingeva d’impazzire e regalava gioielli per strada, o bastonava le fettine di carne sul banco, o veniva picchiato dalla moglie per un complimento a una cliente. Diciamo che – de gustibus, eh – per com’era spocchiosa e invadente la pretesa d’essere riconosciuti originali io lì dentro non ci avrei speso manco il mezz’euro per il carrello. Io, appunto: tantissimi altri, invece, sì. Per cui la cosa, dove più dove meno, pare aver funzionato, e per taluni i fatturati si sono ingrossati. 

Il problema sorge, però, quando queste sopraffine strategie pubblicitarie vengono traslate in una dimensione più squisitamente locale: cittadina, rionale, stradale. Condominiale. Ché quando meno te lo aspetti, scrollando tra i social, ti capita un video di quel tal commerciante locale che hai sempre stimato per pacatezza e sobrietà, e di colpo lo vedi, che ne so, abbaiare a quattro zampe o ammanettarsi alla cassa travestito da galeotto. E, di sfondo, la voce di chi sta reggendo il cellulare per le riprese che finge stupore, o divertimento, o disperazione, con la stessa verve e credibilità di un bradipo impagliato. Un misto di disagio e tenerezza, insomma, che è una stretta al cuore. 

Perché si sarà detto, quel tal commerciante nostrano: “col famoso megastore di undicimila metri quadri di Napoli queste sontuose imbecillate funzionano, quindi perché non dovrebbe funzionare anche con me, che vendo tappini di sughero dalle nove alle undici, unicamente durante il periodo natalizio, nel negozio di tre metri quadri a soli due chilometri da via Mazzini?”. 

E beh. Fossi in te, invece, una riflessione più accurata sulla faccenda ce la farei. Ché magari non è il caso di scimmiottarli, tutti questi qua che sguaiano da officine chilometriche e grattacieli del mobile: hai visto mai che hanno un target di clientela diverso, un’immagine necessariamente più folcloristica, un piano di marketing mirato? 

Il leitmotiv non è semplicemente “facciamo i simpaticoni”: per quanto opinabili nello stile e nella sostanza, dietro queste pacchianate spesso ci sono strateghi della comunicazione. Consulenti, copywriter, grafici, operatori video. Gente che conosce l’andazzo delle masse, si adegua, realizza e si fa pagare.
Come dire, insomma: fanno pubblicità-spazzatura anche loro, è vero. Ma, essendo professionisti, la conferiscono pure alla raccolta differenziata.

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