Disordinanze regionali
[di Ernesto Giacomino]
Non so a chi credere, cantava Antonacci. Siamo finalmente nella benedetta “frase 2”, che non è un refuso ma significa esattamente: “aspetta ad applicare la norma, mo’ sicuro cacciano una seconda frase che dice l’opposto della prima”. S’è visto con l’annosa questione dei congiunti, per dire: da che erano solo i familiari anagrafici, fino ad estendersi al fioraio sotto casa particolarmente simpatico, per poi restringersi ai se stessi riflessi nello specchio. Gli affetti stabili ma non troppo, tentenni quel minimo ed esci mosso.
Ciò che pare aver funzionato di meno, in ciò, è il sistema delle deleghe dall’esecutivo agli Enti territoriali: decreti recepiti dalle ordinanze regionali, poi però digeriti e risputati perché troppo piccanti o poco salati: obbligo di mascherina a seconda dell’oroscopo del giorno e delle fasi lunari, se ti piazzi al confine esatto tra Campania e Lazio puoi fare il bagno con un piede ma devi vestire l’altro con uno scafandro da allunaggio. Con quel minimo di potere estensivo o limitativo dato pure ai Comuni, dai, e le sottodeleghe ai rioni, e dai rioni ai condomini, e dai condomini alle case e dalle case alle stanze: abbracciami in salotto che in cucina non è consentito, mamma m’ha appena fatto trecento euro di verbale e andrò a processo per epidemia colposa, rischio da tre anni di reclusione a un’intera settimana senza pizza fritta.
Battipaglia, diciamocelo, per ora ha retto bene. Sarà che pure prima non c’era un granché per cui andare in giro, ma comunque alla riapertura di bar e ristoranti per asporto non c’è stato questo scatenamento di folle che si temeva. Io, per dire, stasera mangerò regolarmente la pizza che ho ordinato il 5 maggio.
Fanno un po’ specie i gestori dei locali, questo sì. Asserragliati dietro tavolini e banconi accatastati all’ingresso, bardati di guanti e mascherine, con gli spicchi d’occhi appena intravedibili che fanno capolino attenti e allarmati per scongiurare contemporaneamente assembramenti, controlli dei vigili e gente che se ne va senza pagare, paiono soldati in trincea chiamati alla resistenza in attesa di rinforzi. Tant’è che t’aspetti che la roba che ordini, anziché venirti servita, te la tirino dietro a mo’ di bomba a mano: “vienimelo a dire, mo’, che non t’ho fatto rispettare la distanza di sicurezza”.
Tutto più o meno bene, dai. C’era solo questo fatto del non avere positivi ufficiali, quasi ci inquietava, allora ce ne abbiamo messo del nostro per scovarne qualcuno. La famosa “reunion del Comune”, la ricordate? Una sperimentazione con l’Istituto Zooprofilattico che secondo alcuni era sfociata in una prestazione clinica personalizzata per cumpari e cumparielli al grido di “Currite, currite, arregalano ‘o tampone!” e “Tampone fresco, tampone bello!”. Sette positivi rilevati, nessuno confermato, solo un paio con l’alito pesante e uno con la lombosciatalgia ma hanno lasciato correre. Ah, “l’amore ai tempi del covid”.
Insomma, manca un’ultima manciata di giorni e capiremo se a darci questo spicchio di libertà s’è fatto bene o s’è fatto male; io, frattanto, provo a spiegare al vecchietto che zappa l’orticello di fianco casa mia che quella mascherina che tiene su da tre mesi, fatta dalla moglie all’uncinetto, non sarebbe comunque servita a niente.
16 maggio 2020 – © Riproduzione riservata