Due vesti nere | di Gabriella Pastorino

“Un po’ troppo romanzata la prima parte, ma la delicatezza di un amore che nasce e lotta per esistere è coinvolgente”.

Questo in sintesi il senso delle tante recensioni al mio libro Due vesti nere. Quando ho parlato da pari a pari col padreterno candidato al Nobel per la letteratura, anche da lui mi è stato garbatamente imputato un eccesso di fantasia, qualcosa di un po’ troppo romanzato nella prima parte del libro, quella che descrive la nascita, la buia origine della protagonista. Ogni volta che ho avuto un premio, un riconoscimento – e ne ho avuti – io ringrazio per la cortese attenzione, mi dichiaro commossa, ma mai rispondo ai commenti, anche perché in più di un’occasione ho detto di avere una fantasia fervida e mica intendo smentirmi. Inoltre da più parti si sussurra che al Corriere si discute di una rubrica di posta al femminile, in cui a parlare d’Amore sia una donna dalla grande esperienza e dalla toccante sensibilità… come me, insomma.

Due vesti nere è scritto in prima persona dalla protagonista che nella prima parte, poco meno di un quarto delle pagine, racconta di una sconosciuta, rimasta tale per sempre, in una sera di fine ottobre gridava di dolore partorendo all’aperto, sotto un ponte basso in un intrico di campicelli mal coltivati. Una prostituta non più giovane, disturbata per ore nel suo misero lavoro da quelle urla che non cessavano, dopo un bel po’ ne cercò la causa e vide due ombre allontanarsi nel buio; nel buio da cui ora proveniva un pianto flebile che la condusse a un neonato lasciato nudo sul letto di foglie sul quale era venuto alla luce.  Ecco, questo è ciò che viene letto come un eccesso di fantasia… ed è la realtà, quella che mi fu più volte descritta da “mia madre”, la prostituta che mi denunciò come sua figlia.

“Un po’ troppo romanzata la prima parte…” 

Quella che brevemente riassume l’origine della donna delicata e sensibile che nelle tante pagine che seguiranno vivrà un amore incerto con un uomo destinato sin dalla nascita dalla sua poverissima famiglia a diventar prete.  Il mio libro è il dipanarsi di un sentimento contrastato da ambedue i protagonisti, nati e cresciuti in modi e mondi diversi. Da sguardi obliqui a balbettii confusi, allo scoprirsi eguali nell’inconsapevole ricerca di aiuto, di tenerezza, quella che nessuno dei due aveva mai conosciuto. Due vesti simili ricoprono due creature che si cercano, due vesti lunghe, nere, informi, una a rivelare e affermare un’appartenenza, l’altra a negare ogni vizio e debolezza. 

Chi legge viene coinvolto, sente i respiri farsi pesanti, si turba per lo sfiorarsi di due corpi dapprima inconsapevoli, poi voraci d’Amore. Io, l’autrice, chiudo con una breve immagine di due giovani in costume da bagno che sistemano sdraio e ombrelloni su una spiaggia assolata e nel lavoro si sfiorano, si toccano, ridendo per un nonnulla.

“Un po’ troppo romanzata la prima parte…” quella vera, vissuta, patita.

“Coinvolgente la nascita e la vittoria di un amore difficilissimo…” solo immaginato, sognato da me che mai ho conosciuto baci e tenerezze.

Sorrido però, perché la rubrica di posta al Corriere si fa sempre più realtà.

22 aprile 2023 – © riproduzione riservata

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