Estroversi o introversi?

[di Daniela Landi – psicologa]

Può accadere che sin da bambini si venga etichettati come tipi introversi o estroversi. Un atteggiamento timido e silenzioso invece che spavaldo e socievole ha contribuito a farci definire in una di queste categorie. Una delle fonti di questa categorizzazione possiamo trovarla nel libro di Jung Tipi psicologici nel quale l’autore sviluppa una teoria per identificare i tipi psicologici sulla base di come si muove l’energia della psiche, distinguendo le persone in base ai diversi orientamenti: l’estroversione come un modo di essere caratterizzato da un interesse prevalente per il mondo esterno delle azioni, delle persone e degli eventi; l’introversione come un modo di essere caratterizzato da un interesse prevalente per quello interno delle idee, dei pensieri e della riflessione. 

Nella concezione moderna, i tipi psicologici sono categorie che rappresentano le differenze tra gli individui in termini di personalità, atteggiamenti, modi di pensare e di relazionarsi. Le dinamiche sociali attuali sembrano prediligere la capacità di comunicare e di relazionarsi con gli altri, la competitività, la capacità di conseguire dei risultati e di adattarsi alla realtà. Questa è la descrizione delle caratteristiche del modello estroverso. Costoro appaiono capaci di integrarsi facilmente nel mondo, risultando quasi omologati al cosiddetto senso comune, che assicura l’accettazione degli altri con i quali interagiscono sentendosi a proprio agio. 

In modo diverso si pongono gli introversi, per i quali le dinamiche sociali descritte possono avere degli effetti deleteri, in quanto loro sono assorbiti dal flusso dei pensieri, delle emozioni, delle memorie e delle fantasie. Spesso vengono descritti come distratti. Hanno un forte senso della giustizia, stabiliscono con le persone dei legami intimi e profondi, prediligono gli interessi intellettuali e le attività creative. 

Come spiega lo psichiatra Luigi Anepeta nel suo libro Timido, docile, ardente… non c’è una tipologia giusta o sbagliata, anche perché non esiste una modalità pura. Introversi ed estroversi si trovano su un continuum che va dalla massima estroversione alla massima introversione. Ognuno di noi ha bisogno di rapportarsi al mondo, di relazionarsi con le altre persone, di uscire dalle proprie zone di comfort e, al tempo stesso, ha bisogno di solitudine, intimità e raccoglimento. Però, ciascuno ne ha bisogno in misura diversa.

Una donna soggetta a crisi di ansia che le condizionavano la quotidianità, nel corso di una psicoterapia ha preso consapevolezza del suo essere una persona introversa. Lo sforzo protratto per troppo tempo di adeguarsi a modalità relazionali che non le appartenevano aveva progressivamente esaurito le sue energie, che invece avevano bisogno di altre modalità e contesti per esprimersi. Questa comprensione l’ha aiutata a sviluppare un modo diverso di organizzare il suo tempo, concedendosi le pause di solitudine di cui aveva bisogno per ricaricarsi, senza sentirsi “sbagliata” quando non riusciva a conformarsi alle aspettative degli altri.

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